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le tre fiere 123

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sotto il velame.djvu{{padleft:145|3|0]]zione da cui doveva liberare l’umile Italia un veltro che si nutrisse di “sapienza e amore e virtute„; veltro di ben alta natura, eppure non d’altra natura che di cane quale è interpretata da quei mistici: “Medico molto è detto il cane (salute, almeno, degli ammalati dunque) perchè chi gli altri regge (qui praeest aliis), deve vegliare agli studi della sapienza ed evitare a ogni modo la crapula„:[1] già deve cibare sapienza, non terra né peltro.

E qui basti concludere che Dante ha sostituita la volpe con la lupa, non per esprimere un pensiero diverso da quello di Cicerone, ma per esprimerlo più fortemente. La volpe insidia i pollai, come il lupo gli ovili; ed avida è quella, come è questo; eppure a nessuno verrebbe in mente, se qui fosse volpe e non lupa, di dire che la volpe non significasse la frode, e significasse, mettiamo il caso, l’avarizia.


IV.


La lonza non è in Cicerone, come nè l’incontinenza. A raffigurare l’incontinenza, Dante cercò fiera meno fiera. E meno fiera delle altre due è la lonza, sia ella il leopardo o la lince o la pantera. E più speciosa, anche, poichè ella ha il pel maculato e la pelle gaietta o dipinta.[2] Si può certo interpretare diversamente questa dipintura della pelle; ma si può certo interpretare anche così: bella e graziosa d’aspetto. E la lonza è leggiera e presta molto. Anche qui le interpretazioni possibili sono tante; ma tra

  1. L. c. p.87. E di ciò più avanti.
  2. Inf. VI 108.
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