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e la metafora, l’allusione e l’epigramma. Egli si vale con non minore finezza che erudizione della mitologia, della simbolica degli antichi. La finzione che il mondo moderno sia ancora retto da Giove [1] e dalla corte dell’Olimpo, la fusione delle ricordanze della cavalleria, del maraviglio del medio evo con le novelle e le tradizioni del paganesimo antico, tutte queste nozioni che dipoi hanno originato lo spirito della mitologia, la filosofia della religione e della storia, la scienza di Vico e di Creuzer [2] sono per lo Spaccio una vena inesauribile di motteggi e di tratti faceti. Il filosofo vi parla a modo d’un alto moralista. Mano mano che ciascuna delle virtù, ordinate a scambiare i vizj del cielo, è messa in seggio, ha da Giove quel che deve fare e fuggire per restar lei; tutti i suoi attributi sono conti e spiegati, e, le più volte, personificati, come ricchiede l'allegoria; tutti i pericoli e gli eccessi da fuggire son trat-
- ↑ Bruno adopera sovente il nome di Giove per indicare con gli stoici, particolarmente con Crisippo, la natura universale.
- ↑ Lo stesso spirito, secondo lui, può trovarsi in parecchi individui, in corpi diversi, come l’anima del profeta Elia in Giovanni Battista. Gli anacronismi che Bruno si piace di commettere, facendo, per esempio, i frati servi degli Dei, incaricando Giove di riformare il clero cattolico, o veramente (nell'allegoria del Corvo) assimilando Noè ed Apollo; questi anacronismi, queste anomalie non sono un mero divertimento, ma resultano dal desiderio di trovare nelle religioni positive i principj della religione naturale. Questo desiderio è più che evidente laddove Bruno si studia di provare una specie d'identità tra i miti delle nazioni, tra le tradizioni dell'oriente e quelle dell'occidente, tra i racconti biblici e le storie profane. Cotale tendenza, presa dagli Alessandrini, procede in lui da