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152 della lega lombarda

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia della Lega Lombarda.djvu{{padleft:158|3|0]]munificenza, documentata da legittime scritture, avvenne, che coloro i quali non n’erano in possesso per grazia imperiale, a tenervisi, offerissero al fisco un annuale tributo, per cui quello venne ad impinguarsi di ben trenta mila talenti all’anno[1].

Fece Federigo consegnare alla scrittura tutto quel tesoro di signoria, che gli veniva messo nelle mani, e bandì due Costituzioni[2]. L’una toccava i Feudi: tolse ai possessori de’ medesimi ogni facoltà di alienarli, e di lasciarli alle chiese; così pose modo alla potenza de’ cherici: e sopra tutti i Feudi impresse il marchio del supremo dominio imperiale, escludendo ogni altro che potessero averne le città. L’altra su la confermazione della pace in Italia: salubre provvedimento, ove non fosse dall’esperienza dimostrato, che questo celeste benefizio sia dagl’indisciplinati Principi desiderato ed invocato, a non essere turbati nella infame guerra del dispotismo, con che sordamente conquassano i popoli. Queste due Costituzioni vennero ne’ secoli appresso chiosate dai giureconsulti, e con tanto sforzo spremute, da cavarne anche l’impossibile a favore della potestà imperiale[3]. Vedremo come la pazza ambizione del Tedesco sancita dai legisti, e scritta nel nuovo codice con la punta dello scettro, si cancellasse con la punta delle spade, temperate nella terribile ragione de’ popoli.

Erano accorsi moltissimi Italiani a quel parlamento, a chiedere giustizia l’un contro l’altro. Federigo vedendo la loro moltitudine, ebbe a dire, come gli recasse maraviglia trovar nel paese de’ Legisti tanti trasgressori delle leggi. Non aveva torto. Ma in questo afferrò bene il destro a recare in atto quello che già credeva santificato dal diritto,

  1. Otto Mor. p. 1019. = Radev. l. 2. c. 7.
  2. Radev. l. 2. c. 7.
  3. Corp. Jur. Civil. Feudor. libr. 2. c. 56. — Ibi Dionys. Gothofre. in notis pag. 35. = Cujac. in not. ad eumd. tit. = Carlin. de pace Constant.
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