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libro terzo | 223 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia della Lega Lombarda.djvu{{padleft:229|3|0]]della loro infamia[1]; ed i sobborghi che eransi tenuti fedeli all’Imperadore.
Ristettero dal guasto que’ furibondi il dì primo di Aprile domenica degli Ulivi. Federigo da buon Cristiano si appresentò nella Basilica di S. Ambrogio a prendere il pacifico ramo benedetto; e fece porre a festa con drappi e cortine la chiesa, mentre era tutto in lutto, perchè egli solo gioiva. I Canonici gli dettero il ramo d’ulivo; ma richiesti dai ministri cesarei a ritrattare il giuramento di suggezione, già prestato ad Alessandro, e di riconoscere Papa Vittore, risposero con generoso niego. Stretti, si ritrassero, abbandonando la Basilica ed ogni loro ragione. I Canonici vollero mostrare che Milano non era morta. Sottentravano ad essi i monaci del monastero Ambrosiano nel possesso della Basilica, perchè si piegarono all’iniquo giuramento. Non so se fiacchi o ambiziosi fossero; certo infami restarono. L’Imperadore nell’eccidio milanese aveva stanziato nel loro monastero. È a dire che da qualche tempo que’ monaci vezzeggiassero il Barbarossa[2].
Ma non cessò con queste pacifiche apparenze l’eccidio di Milano; sospeso per un dì, incrudì poi per insaziabile vendetta del ribaldo Principe. Gli davano ombra i campanili delle chiese non tocchi, e massime quello della metropolitana, che era una delle maraviglie d’Italia per la sua altezza, e la eleganza delle forme[3]. Anche i campanili vennero abbattuti; e questo di S. Ambrogio fu con tanta malizia de’ guastatori diroccato, che nel cadere rovinò molta parte della Basilica[4]. Fu la fine di Milano comandata da straniero imperante, compra ed operata da fraterne mani.
- ↑ Vedi Nota E.
- ↑ Vedi Nota F.
- ↑ ... mirae pulchritudinis, maximaeque altitudinis, et admirandae latitudinis, quale numquam fuisse dicitur in Italia. Ottonis Morenae pag. 1105.
- ↑ Vedi Nota G.