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314 della lega lombarda

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia della Lega Lombarda.djvu{{padleft:320|3|0]]seppe meglio condurre i negozi per quel verso ch’egli voleva. Le città Lombarde avevano messo a sbaraglio quella pretta canaglia de’ Podestà tedeschi, ma il Cristiano valeva per tutti costoro, e l’Italia non poteva dirsi al tutto liberata. Boncompagni, che ci ha lasciata una descrizione dell’assedio anconitano, afferma, ch’egli viveva di rapina come avoltoio, o corvo divoratore di carogne; tanto alla scapestrata si avventava su la roba altrui[1]. E ne aveva mestieri: imperocchè a mantenere vive e contente tutte le femmine che si traeva appresso, e i cavalli e i donzelli e gli scudieri, non sarebbe bastato l’erario dell’Imperadore[2]. Le militari lascivie il traevano, ma non l’assonnavano. Al primo dar nelle trombe era tosto in arcione; con elmo in capo risplendente di oro, con sopravveste cilestra, tutto chiuso nell’armadura, spronava il cavallo là dove era più fitta la mischia, più grave il pericolo. E menando a tondo una enorme mazza ferrata, ora dava al nemico, ora ai suoi, per incitarli alla pugna. Le percosse tenevan luogo di arringhe. Nel Settembre dell’anno 1172 venne a tempestare sul Bolognese. Bologna gli mandò milizie a cessarlo: si appiccò una furiosa battaglia. Cristiano la vinse, inseguendo i fuggiaschi fin sotto le mura della città. In quella fazione l’Arcivescovo prostrò morti al suolo ben nove Cavalieri con la sua mazza; ed a trentotto nobili Bolognesi suoi prigionieri di propria mano ruppe con una pietra le mascelle. Il dì appresso il buon prelato sagrificò al Signore in vesti pontificali, mentre una schiera di Cisterciensi d’ambo i sessi scioglievano sacre canzoni. Questi monaci scismatici, i quali seguivano l’Arcivescovo, nelle battaglie menavano a maraviglia le mani[3].

  1. Ib.
  2. Boecl. De Reb. gest. Friderici III. T. III. — Alber. Stadens. ad an. 1172. 1173.
  3. Albert. Stadens. ib. = Crus. Annal. Svev. T. 1. Lib. 2. p. 2. cap. 5. pag. 453. = Savioli Annali Bologn. an. 1172. Note D. E.
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