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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:121|3|0]]convessa delle gemme egiziane[1] e delle etrusche, non si può a meno d’inferire che gli Etruschi abbiano dagli Egizj ricevuti que’ simboli; per la qual cosa rendesi anche verosimile che appresa ne abbiano l’arte dello scolpire. E a vero dire, non sarebb’egli stranissimo, che un sì vile e schifoso insetto fosse stato adottato qual simbolo sacro non da un solo, ma da molti popoli, senza che uno lo avesse appreso dall’altro? V’è anche ragione di congetturare, che i Greci medesimi sotto la figura dello scarafaggio qualche cosa di particolare significar volessero; e quando Pamfo uno de’ loro più antichi poeti parla di Giove negli escrementi di cavallo involto[2], intendere si può bensì, che per quest’emblema indicar volesse che alle più abbiette cose eziandio la divinità s’estende, ma è più probabile ancora, che il poeta, usando sì bassa immagine, allo scarafaggio alludesse, il quale nello sterco di cavallo o di bue vive e di esso si nutre.
§. 21. Ove però io pur convenga, che verosimilmente dagli Egizj passasse agli Etruschi questa figura simbolica, non è quindi necessario supporre, che per imitarla siano questi andati fino in Egitto; né verosimilmente v’andarono, poiché ai tempi di cui parliamo interdetto erane l’ingresso ad ogni straniero, altronde poté quel simbolo ben passare a loro per qualche altro mezzo. Ma non può dirsi lo stesso dell’arte, né potea questa impararsi se non coll’istudiarne i lavori originali e sul luogo medesimo.
§. 22. L’asserzione d’alcuni greci scrittori che hanno
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- ↑ Sotto nome di gemme egiziane non intendo io già di mentovare lavori d’antichi artisti d’Egitto, ma bensì quelle opere de’ tempi posteriori, forse del terzo o quarto secolo dell’era cristiana, che per lo più sono in basalte verdiccio, e su le quali sono incisi i geroglifici e le divinità di quella nazione.
- ↑
Ap. Philostrat. Heroic. cap. 2, §. 19. pag. 693.
Ζεῦ κύδιστε, μέγιστε θεῶν, εἰλυμένε κοπρῷ,
Μηλείῃ τε καὶ ἱππείῃ καὶ ἡμιονείῃ,
Massimo fra gli dei, nume sublime,
Che del caval, del mulo, e della pecora
Nello sterco t’avvolgi, e nel concime.