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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:123|3|0]]zione colla spiegazione de’ caratteri fattasi fare in Roma da un Cinese, che tanto poco saper dovea la sua lingua nativa, quanto poco la sanno que’ cinesi fanciulli, che sono educati a Napoli in un collegio per loro istituito. Niuno di questi ha mai saputo leggere lo scritto, con cui vengono segnate le mercanzie della Cina, adducendo per iscusa essere quelle scritte nel linguaggio de’ letterati; né ciò parrà strano a chi sa essere costoro fanciulli che, a persuasione de’ missionarj avendo abbandonata la loro famiglia, o essendo stati salvati dalla morte a cui erano esposti, lasciarono la patria tosto che l’età loro lo permise, e perciò poco o nulla saper possono del natio loro idioma[1]. Altronde la testa di Torino non avendo colle altre teste egiziane conosciute la menoma somiglianza, e lavorata essendo in una specie di pietra tenera chiamata bardiglio, deve essere l'opera d’un impostore[2].

[Progressi dell'arte nel dar azione alle figure.] §. 25. Col tratto di tempo perfezionandosi i talenti, gli

Tom. I. C arti-

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  1. Winkelmann su questo punto era male informato. È vero che i fanciulli cinesi, venendo in una età tenera non possono sapere la loro lingua né a perfezione, né a un certo punto, come succede in tutti i fanciulli, e in tutte le lingue del mondo; ma dovea sapere che nel collegio di Napoli vengono istruiti in essa maestrevolmente: e ne abbiamo avuta una prova nello scorso autunno, in cui quattro de’ medesimi alunni già sacerdoti venuti in Roma per il loro esame, d'ordine dell’illustre prelato monsignor Borgia segretario della Congregazione di Propaganda Fide, compilarono con molta facilità l'indice di qualche centinaio di manoscritti in quella lingua nella biblioteca esistenti. Che poi non sappiano intendere lo scritto, con cui vengono segnate le mercanzie della Cina, che meraviglia? E quanti de’ nostri più gran letterati, per non dir tutti, neppure intendono quelle de’ nostri mercanti? È nota ancora la difficoltà grandissima d’imparare quella lingua piena di caratteri differenti, e simbolici, per cui si esige uno sforzo prodigioso di memoria, Niccolai Dissert. e lez. di S. Scritt. Tom. V. lez. LX. pag. 110. e seg., Acad. Royale de Berlin Nouveaux Memoires an. 1773. p. 506.; e i più gran dottori Mandarini di quell’Impero sono quelli che sanno più parole. Il Cinese che dà luogo a quella digressione, era antecessore di Winkelmann nella biblioteca Vaticana, e sapeva molte parole; ma per il caso nostro fu un solenne impostore. Costui, probabilmente informato della contesa eccitata, e promossa in questi ultimi tempi con tanto calore fra gli eruditi intorno alla primazia, e originalità delle due nazioni cinese, e egiziana, come si vedrà lib. iI. cap. I. §. 1. n. 1., e che tra le ragioni, che si adducevano, v’era l’esame, e il confronto dei loro caratteri, e della maggiore antichità, e somiglianza fra di essi, per favorire la sua nazione, e provare che la lingua cinese era la stessa che l’antica egiziana, scrisse del suo in alcuni codici di quella nazione esistenti nella detta biblioteca le cifre, o caratteri, che sapeva essere nella testa di Torino.
  2. Ora si dà per certo. Il sig. cavaliere Montaigu assicurò al signor marchese Gualco di essersi certificato, che la testa della supposta Iside sia fatta d’una pietra nericcia, che si trova nel Piemonte. Veggasi questo scrittore De l’Usage des stat. chap. X. p.296., e Paw Recherch. philosoph. sur les Egypt. et les Chin. Tom. I. prém. part. sect. I. p. 28.
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