< Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
40 O r i g i n e   d e l l e   A r t i

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:146|3|0]]     §. 32. Di bassi-rilievi in vetro più non ci restano se non alcuni frammenti, i quali però bastano a farci conoscere l’abilità degli antichi in tal maniera di lavori, e l’uso che ne faceano. Incassavano talora quelli vetri ne’ marmi e ne’ cartocci o arabeschi che serviano di ornamento alle pareti de’ palazzi[1]. La più considerevole delle grandi opere di questa maniera è un cameo descritto dal Buonarroti[2], ed esistente nella Biblioteca Vaticana. È questo una tavola quadrilunga, di lunghezza poco più d’un palmo, e larga due terzi di palmo: vi si veggono su un fondo azzurro-cupo delle figure bianche in basso-rilievo di poco risalto, rappresentanti un Bacco giacente in seno d’Arianna presso a due Satiri[3].

[.. e formandone vasi a figure rilevate.] §. 33. Ma le più pregevoli opere di questo genere erano i vasi ornati di figure a mezzo rilievo lucide, e sovente a diversi colori su un fondo cupo, lavorati alla maggior perfezione sul gusto de’ vasi incisi nella sardonica. Un solo di questi vasi s’è sino a noi conservato; quello cioè che erroneamente chiamasi l’urna sepolcrale d’Alessandro Severo, alto a un dipresso un palmo e mezzo, trovato ancor pieno delle ceneri d’un morto, e che vedesi tra le rare antichità del palazzo Barberini[4]. Dalla sua stessa bellezza si può agevolmente ri-

[5]


leva-

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:146|3|0]]

  1. Plin. lib. 36. cap. 25. sect. 64., et Vopisc. in Firm. cap. 3.
  2. Osservazioni istoriche sopra alcuni medaglioni antichi, pag. 437.
  3. È considerabile un altro basso-rilievo anche più lungo d’un palmo, distinto in tre celle, nelle quali si veggono le statuette di Apollo, e di due muse, riportato dal Passeri Lucernæ fictiles musei Passerii, tab. LXXVI., che il signor abate Olivieri nella citata Dissertazione sopra due tavole di avorio, p. 69. dice lavoro di eccellentissimo artefice, e superiore ai tempi dell’imperator Filippo. Lo stesso Passeri alla tav. XC. in fine pag. 76. scrive, che possedeva un basso-rilievo di tal fatta, rappresentante un Taurobolio, lungo quasi tre piedi, e illustrato dall’anzidetto Olivieri.
  4. Il vaso, di cui parla il nostro autore, custodito nel museo Barberini, fu trovato dentro un’urna, detta l’urna di Alessandro Severo, che si conserva nel museo Capitolino. Monsignor Foggini nel quarto volume di questo museo dà in più tavole in rame il disegno dell’una, e dell’altro: cioè dell’urna, nella tavola I. il. iiI. IV., e del vaso nella pagina 1., ove racconta minutamente la storia del luogo, ove furono disotterrati, e del tempo, colle diverse spiegazioni che ne fe-
  5. sa raccolta. La maggior parte di queste esperienze, e ritrovamenti si fecero qui in Roma negli anni 1764. e 1765.; e avendone l’inventore comunicato in parte il segreto a diverse persone, ne furono fatti, e continuano a farsi in quella città, e quindi anche in Londra, in Francia, e in Germania, più o meno felicemente, camei, ed altre impronte di pasta di vetro, con quel vantaggio delle belle arti, che accenna il signor Heyne nel riferito elogio del nostro Autore, pag. lxxj.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.