< Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
50 O r i g i n e   d e l l e   A r t i

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:156|3|0]]tissimo tempio, trovinsi le più belle donne dell’Isola.

§. 9. Colui eziandio che non ha veduti mai que’ paesi, può dalla finezza d’ingegno degli abitatori, tanto maggiore quanto più dolce è il clima, inferire come spiritosa esserne debba la figura[1]. Il Napolitano è più ingegnoso e sottile del Romano, il Siciliano ancor di più, e ’1 Greco supera il Siciliano istesso. Fra Atene e Roma havvi un mese di differenza pel caldo e per la maturità de’ frutti, come rilevasi dalla prima raccolta del mese, che colà faceasi verso il solstizio nel mese di giugno, e qui soltanto per la festa di Vulcano nel mese d’agosto[2]. S’avvera pertanto in quelli popoli ciò ch’ebbe a dir Cicerone[3], cioè che tanto più spiritose sono le teste degli uomini, quanto più pura e sottile è l’aria che respirano[4]: e par che di quelli avvenga come de’ fiori i quali, quanto più secco è il terreno e più caldo il cielo, tanto più belli sono e odorosi[5].

[Tratti della bellezza in un clima caldo ...] §. 10. Diffatti la più sublime bellezza, che non consiste semplicemente nella pelle morbida, nel fiorito colore, negli occhi o languidi o vivaci e lusinghieri, ma bensì nella regolarità de’ tratti, e in un’armonia corrispondente di tutte le parti, trovarli suole principalmente ne’ paesi posti sotto un clima temperato e dolce. Se pertanto sembra riserbato ai soli Italiani di ben dipingere e scolpire la beltà, essi il debbono in molta parte, fecondo un giudizioso scrittore inglese, non meno alle belle figure viventi, che ai capi d’opera delle arti antiche, i quali hanno tuttodì sotto gli occhi, e incessantemente contemplano. Ciò non ostante non credasi che la beltà fosse soverchiamente comune e generale fra i Greci: narra Cotta presso Cicerone, che a’ suoi dì fra tutta la numerosa gioventù d’Atene pochissimi v’aveano, che dir si potessero veramente belli[6].

  1. Degli Egizj si vedrà al lib. iI. c. I. §. 6.
  2. Plin. lib. 11. cap. 15. sect. 15.
  3. De nat. deor. lib. 2. cap. 16.
  4. Ippocrate De Aere, aq., & loc. sect. iI.
  5. Plin. lib. 21. cap. 7. sect. 18.
  6. De nat. deor. lib. 1. cap. 28.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.