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72 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:178|3|0]]che non è la sua propria, trovasi nel giardino del palazzo Barberini; e un’altra pure se ne vede, alta in circa tre palmi, nella villa Borghese; queste hanno una positura diritta colle braccia distese e pendenti ad imitazione delle più antiche figure egizie. È naturale, che Adriano, il quale volea che Antinoo divenisse oggetto d’adorazione presso gli Egizj, lo avrà presentato sotto quella forma, che loro era più venerabile ed accetta[1].

§. 10. In conseguenza di quell’amore per gli antichi riti e per la prisca forma delle statue, che erano l’oggetto della loro venerazione, odiarono gli Egizj tutte le usanze de’ Greci[2], almeno fino a che sotto il dominio di questi non vennero[3]. I loro artisti pertanto aveano pel progresso dell’arte presso le altre nazioni quell’indifferenza che suol essere all’avanzamento delle arti, come delle scienze, perniciosissima. Siccome i loro medici non poteano proporre all’infermo altri rimedj fuorché i prescritti ne’ loro libri sacri; così vietato era agli artisti di allontanarsi dall’antico stile. Le leggi costrignevano lo spirito degli Egizj a ricalcar sempre le orme de’ padri loro, ed ogni maniera d’innovazione interdicevano. Di fatti attesta Platone[4] che le statue, le quali lavoravansi in Egitto a’ gior-


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  1. Anzi gli Egiziani stessi, e le più cospicue città della Grecia, e dell’Asia di propria volontà alzarono tempj, e boschi sacri, istituirono oracoli, sacerdoti, giuochi, e feste, batterono medaglie in onore di Antinoo, e lo rappresentarono fotto la sigura, e i simboli delle loro divinità, per cattivarsi la benevolenza di Adriano, per altro ben voluto; e a fine di ottenerne poi benefizi, e privilegi alle loro comunità. Vegg. Buonarroti Osservar. istor. sopra alcuni medaglion. cap. iI. pag. 25. e segg., e Bottari Museo Capit. T.iiI. tav. 56.
  2. Herodot. lib. 2. cap. 91. pag. 143.
  3. Vedi appresso al capo iI. pag. 79.
  4. De Leg. lib. 2. oper. Tom. iI. pag. 656. in fine. [ Platone pensava forse più da filosofo, che da storico, e da artista, quando scrisse in questo luogo, che le statue, e le pitture, che si facevano in Egitto a’ suoi giorni, non erano nè più belle, nè più brutte, nè differenti per che siasi da quelle di diecimila anni prima; perchè fatte a norma di quello era prescritto ne’ libri sacri. Io ammetto, che vi fossero delle forme determinate dai sacerdoti per le figure delle divinità, e per li geroglifici; ma non potrò giammai credere, che essi avessero stabiliti tutti i soggetti anche di altro genere, e le loro forme, da copiarsi in appresso materialmente dagli artisti; né che fossero queste poi tutte di uno stesso tenore né più belle, nè più brutte degli originali dei libri. Noi vediamo per esempio le figure dell’obelisco del sole in Campo Marzo più belle di tante altre; ed abbiamo dagli storici, che si facessero dei lavori di maggior eccellenza di altri; come per esempio ci attesta Diodoro lib. 1. §. 46. p. 55. delle pitture, e sculture del sepolcro del re Osimandue, che non avessero le uguali; e così anche di quelle, colle quali i dodici sovrani, che contemporaneamente governarono l’Egit-
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