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74 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:180|3|0]]sfera[1]. Presso di loro chi abbracciava un’arte non seguiva già la propria inclinazione; ma i figli non facevano, così nelle arti come in ogn’altra professione, che calcare le orme del padre[2]: teneano dietro alle tracce de’ loro maggiori, senza far mai un passo, guidati dal proprio genio, senza mai pensar a superarli; e perciò non v’ebbero mai in Egitto diverse scuole dell’arte, come presso i Greci. Né l’educazione né le circostanze certamente erano tali da sollevar loro lo spirito, e portarli al sublime[3]; né, ove ben anche superando ogni ostacolo, qualche cosa di grande avessero prodotto, sperarne potevano vantaggi od onorificenze[4]. Mennone, autore delle tre statue che stavano sull’ingresso del tempio di Tebe, una delle quali era la più grande che vi avesse in tutto l’Egitto, è il solo scultore di quella nazione, il cui nome sia passato ai Greci[5].


§. 12. Mol-

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  1. Secondo Erodoto lib. 2. c. 167. p. 185. gli artigiani si consideravano per la classe più alta del popolo; ma secondo Diodoro lib. 1. §. 74. pag. 85. 86., e §. 92. pag. 103. lin. 70. non v’era distinzione, e tutti gli Egiziani si riputavano fra di loro egualmente nobili. Per il nostro proposito credo vi fossero artisti meno stimati, e considerati come più vili; ed altri più riguardevoli, e distinti, come erano quelli, che lavoravano alle statue degli dei, e agli altri oggetti di religione. Parmi che ciò si rilevi da Sinesio sopra pag. 71. not. c.
  2. Paw lo nega nelle sue Rech. philos. sur les Egypt. ec. sec. part. sect. IV. T. I. p. 264.; e noi esamineremo meglio la questione nelle osservazioni a Goguet Tom. iI. par. iI. lib. 1. cap.iiI., e Tom. iI. part. iiI. lib. I. cap. IV., ove a lungo se ne parla.
  3. Se pochi progressi fecero gli Egizj nelle arti della scultura e della pittura, ben maggiori cose fecero in architettura; tali almeno che se non dimostrano il loro buon gusto, fanno però vedere quanto versati fossero nella meccanica, e quali sublimi idee concepissero. Fanno di ciò fede i monumenti rammentati dagli antichi, cioè i mausolei, il faro d’Alessandria, i due tempj di Sais, l’uno, e l’altro di Butos, ciascheduno di un solo masso di dura pietra, Herodot. lib. 2. cap. 155. pag. 160., e c. 175. pag. 189. Avea il primo cubiti 21. egiziani dì lunghezza, 14. in larghezza, e 8. in altezza, pel cui trasporto impiegaronsi tre anni e due mila persone: il secondo avea 40. cubiti per ogni dimensione, ma il coperchio era d’un masso staccato. [Si veda il sig. conte di Caylus, che gli illustra amendue a lungo Acad. des Inscr. & beli. lettr. Tom. XXXI. Hist. pag. 23. e segg.] Un monumento tuttora esistente sono le piramidi, immense moli sovente d’un sol masso, che si ammirano come opere superiori alle forze umane. [Piramidi d’un sol masso di pietra non vi sono state mai. Bensì vi furono adoprate, principalmente per intonacarle al di fuori, delle pietre di smisurata grandezza. Leggasi Goguet Della Origine delle leggi, delle arti ec. T. iiI, pant. iiI. lib. iI. capo iI.
  4. Fra le cagioni del poco progresso delle arti in Egitto si deve annoverare una legge riferita da Eliano Hist. var. lib. 4. cap. 4., per cui, almeno secondo l’interpretazione di Schefero, e di Kunio not. in Ælian., punivansi i pittori e gli scultori, che lavoravano male. Bisognava ricompensare i buoni artisti, e non punire i cattivi, già castigati abbastanza dal loro medesimo lavoro. V. Recher. phil. sur les Egypt. &c. Tom. I. sec. part. sect. iV. p. 246. [Eliano, e il signor Paw, che lo cita, parlano di Tebe in Grecia; ed io credo piuttosto con Perizonio nelle note al detto luogo di Eliano, che la legge vada intesa della deformità morale, ossia dell’immodestia delle statue.
  5. Diod. Sic. lib. 1. §. 47. pag. 56. [Sì, se
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