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102 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:208|3|0]]Nelle figure degli obelischi[1], come pure in quella della Tavola Barberini[2], e del museo Rolandi, sulla berretta v’è un fregio, che Warburton[3] prese per la pianta, di cui, al riferir di Diodoro, ornavansi il capo i re d’Egitto[4]. E poiché cotal fregio somiglia, piucchè ad altro, ad un ciuffo di penne, e trovasi altronde che il Cneph degli Egizj, loro dio creatore, portava al capo ale regie (πτερὸν βασίλειον)[5], cioè quali portarle soleano i re; v’è quindi tutta l’apparenza che non solo Warburton non siasi in ciò ingannato, ma che eziandio le figure, le quali così fregiate veggonsi ripetute fu gli obelischi, i re stessi rappresentino.

§. 23. Alcune figure muliebri, o a più vero dire, alcune figure d’iside, hanno sul capo un’acconciatura, che somiglia a de’ capelli posticci, ma che in fatti nella maggior parte di esse, e principalmente fu una grand’Iside del museo Capitolino, altro non è che un ciuffo di penne insieme unite[6]. Lo stesso verosimilmente dirsi dovrà d’un’altra Iside, [7]


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  1. Cioè dell’obelisco Barberini, ora negli orti Vaticani, in cima dalia parte, che il Padre Kirchero chiama orientale nella tavola datane nel suo Œdip. Ægypt. T. iiI. synt. V. pr. pag. 271. Questa figura, di cui parla Winkelmann anche nei Monum. ant. nel luogo qui appresso, si vede eziandio presso Warburton Essai sur les hierogl. Tom. iI. in fine.
  2. Winkelmann ne dà la figura nei Monumenti antichi, num. 79., e la illustra nella Par. I. cap. 27. §. 6. p. 103.
  3. Essai sur les hierogl. Tom. iI. in fine pag. 626. [Non è Warburton che parla in questo luogo. Egli riporta in appendice un lungo squarcio di monsignor Bianchini intorno agli obelischi.
  4. Bianchini dice che è l’arboscello di loto, consecrato al sole, che Diodoro lib. 1. cap. 62. pag. 71. dà a Proteo, e agli altri sovrani d’Egitto.
  5. Porfirio presso Eusebio De Preparat. Evang. lib. 3. cap. 11. pag. 115. A.
  6. Tale fu creduta da monsignor Bottari nella descrizione, che ne dà Mus. Capitol. Tom. iiI. Tav. LXXVI. Il nostro Autore ne avea dubitato nella prima edizione di questa Storia, pensando, che potesse essere una chioma fittizia, o perrucca, quale nei Monumenti antichi inediti Par. I. cap. 27. §. 2. p. 101. parvegli di vedere nelle figure d’Iside nella Mensa Isiaca, ed altre, e pigliandone argo-
  7. presso Begero Thesaur. gemm. & numm. ec. nelle monete di Crotone, pag. 176.; di Siracusa, pag. 212. 213.; di Coo, pag. 232.; di Corfù, pag. 250.; di Eraclea, pag. 261.; di Velia presso il P. Magnan Lucania Numism. Tab. 17. num. iiI. e X., Tab. 18. num. I. iiI. e XIII; e in una punica presso Pelerin Recueil des medail. ec. Tom. iiI. pl. 88. n. 8.; in due statue, e busti presso Montfaucon l’Ant. Expl. T. I. par. iI. pl. 124. n. 1. 2., pl. 61. n. 1. 3., in una statuina creduta etrusca presso Caylus Rec. d’Ant. T. I. Ant. etrusq. pl. 27. n. 2.; [e in una statua del Museo Pio-Clementino. Potrebbe anche dirsi, che fossero due teste ideali; oppure di qualcuno fra i tanti degli antichi, che facevansi effigiare con questa pelle in capo, quale insegna di Ercole, come si vedono, a cagion di esempio, senza la barba i re di Macedonia, Aminta, Filippo, Alessandro il grande presso lo stesso Begero pag. 113. 119. e 121.; e colla barba gl’imperatori Comodo, e Massimiano nelle medaglie riportate dal Buonarroti Osserv. istor. sopra alc. medagl. Tav. VII. num. 8., Tav. XXXI. num. 5.; e così di altri.
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