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116 | D e l l e A r t i d e l D i s e g n o. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:222|3|0]][.... ne’ bassi-rilievi...] $. 13. Fra i bassi-rilievi che a quelle imitazioni appartengono è principalmente da rammemorarsi quello di bafalte verde, che sta nel cortile del palazzo Mattei[1], e rappresenta l’apparato d’una processione. Un’altr’opera di questa maniera vedesill alla fine del capitolo presente[2].
§. 14. Warburton[3] pensa che un lavoro di questo stile d’imitazione fatto a Roma sia la torinese Tavola Isiaca di bronzo, in cui sono intarsiate delle figure d’argento; ma l’opinion sua manca d’ogni fondamento; e pare che per altro fine egli non abbia preso a sostenerla, se non perchè favorisce il suo sistema[4]; troppo son chiari in questo monumento gl’indizj del più antico stile egiziano.
[... ne' canopi...]
§. 15. Dopo le statue e i lavori di rilievo parleremo de’ canopi che generalmente fon lavorati in basalte[5], e quindi delle gemme che al par di quelli presentano geroglifici e figure egiziane. De’ primi uno ve n’ha nel museo[6]
Capi- |
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- ↑ Monum. Matthæj. T. iiI. Tab. XXVI. fig. 2. È di marmo bianco, come ivi pag. 45. osserva anche il sig. abate Amaduzzi.
- ↑ L’Autore aveva in pensiere di sostituire la figura d’un basso-rilievo in terra cotta a questa che v’era già nella prima edizione; ma non avendolo potuto eseguire, si è ritenuta la prima, tratta da un disegno del museo del signor cardinale Albani, che rappresenta w basso-rilievo dello stile d’imitazione.
- ↑ Essai sur les hiérogl. Tom. I. p. 294.
- ↑ Lo stesso dicasi di Paw [Recherch. philof. sur les Egypt. & les Chin. Tom. I. liv. I. sect. I. p. 45. La vuole un calendario all’egiziana fatto in Italia nel iI., o iiI. secolo, sull’autorità del signor Jablonski Specimen novæ interpr. Tab. Bemb. num. 1. §. 4. e 5. Miscell. Berolin. Tom. VI. pag. 141. e 142., che lo asserisce senza darne buone ragioni. Il conte di Caylus, che la crede egizia, non la fa più antica dell’era cristiana, Rec. d’Antiq. Tom. V. Tab. XIV. pag.44.
- ↑ Di uno in alabastro, che può credersi del primo stile, si riparlerà al cap. IV. §. 19.
- ↑ sibile impedire, che non andasse apertamente ripullulando dopo ciascuna proibizione. A queste dunque alludeva Cicerone, e non possono intendersi altrimenti le di lui parole: Si dii sunt illi, quos colimus & accipimus: cur non eodem in genere Serapim, Isimque numeremus? Quod si facimus, cur barbarorum deos repudiemus? Boves igitur & equos, ibes, accipitres, aspides, crocodilos, pisces, canes, lupos, feles, multas præterea belluas, in deorum numerum reponemus. Quæ fi rejicimus, illa quoque unde hæc nata sunt rejiciemus. 11 primo pubblico segno di approvazione in Roma delle egiziane divinità, pare che lo desse Augusto, il quale avendo aggiunto l’Egitto all’impero romano, decretò, come scrive Dione lib. 47. cap. 15. pag. 501., un tempio a Serapide, e a Iside; per lo che Properzio lib. 3. eleg. 9. v.41., e Lucano Pharsal. lib. 8. v. 831. parlano del loro culto come se da poco tempo fosse introdotto, o reso almeno pubblico, e comune. Ciò non ostante ebbe in appresso delle vicende. Sotto Tiberio fu demolito il tempio d’Iside, gettata nel tevere la di lei statua, e giustiziati quei sacerdoti, che aveano dato mano a Decio Mando per istuprare in quel tempio, sotto le sembianze d’Anubi, Paulina moglie di Saturnino. Col favore dell’imperatore Ottone risorse il culto di esse, e di nuovo fu proscritto sotto Tito, e furono incendiati i tempj; ma poi si ristabilì glorioso mediante la protezione straordinaria degl’imperatori Adriano, Comodo, Caracalla, e Settimio Severo. Leggasi Foggini loc. cit. pag. 45.