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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. | 133 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:243|3|0]]fino al monte Sinai non ha scoperta alcuna traccia di porfido, e che sebbene ve n’abbia nel monte di santa Caterina distante solo un’ora di cammino dal Sinai, e tanto più bello sia quanto più alla vetta del monte s’avvicina, pur non si scorge alcun indizio per inferire che ve ne fossero colà anticamente gli scavi[1]. Per ultimo vien confermata questa conghiettura dalla testimonianza d’Aristide[2], il quale espressamente ci dice che il porfido veniva dall’Arabia; onde possiamo conchiudere, che tanto gli Egizj quanto i Romani, presso i quali maggior n’era l’uso, traessero quella specie di pietra dai monti dell’Arabia[3].
§. 15. Le statue che ancor ci restano di porfido rosso devono riguardarsi o come lavori di greci artisti fatti in Egitto sotto i Tolomei (siccome dimostrerò più sotto), ov-
vero |
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- ↑ Altri viaggiatori degni di fede, e che avranno osservato con più attenzione, tra i quali Maillet Description de l’Egypte, let. 9. p. 39., Shaw Voyages dans plus. provinc. ec. Tom. iI. chap. iI. pag. 41., Niebuhr Description de l’Arabie, sec. part. chap. IX. p. 146., ci dicono, che il monte Sinai è un gran masso di granito rosso, a gran macchie. Pococke Voyages, ec. Tom. I. liv. iiI. ch. iiI. p. 435. ci assicura lo stesso intorno a questo monte; e di quello di S. Caterina, che sia di una pietra macchiata, che può mettersi nel numero dei graniti.
- ↑ Oratio Ægyptica, oper. T. iI. p. 349.
- ↑ Conveniva spiegare di quale Arabia si deve intendere Aristide. Leggendolo si vede chiaramente, che parla di quella provincia sulle coste dell’Africa all’oriente dell’Egitto verso il mar rosso, che parimenti Arabia si è chiamata sempre dagli antichi, e dai moderni, come da Erodoto lib. 2. cap. 8. p. 106. (contro del quale scrive appunto Aristide l. c.), Strabone lib. 17. pag. 1155. a., Plinio lib. 5. cap. 9. sect. 11. e 12.; e lo fa osservare Prideaux Marmors Oxonien. pag. 103. Perchè confinava coll’Egitto, veniva detta Arabia egizia, come lo attesta Tolomeo Geogr. lib. IV. cap. V. pag. 104., aggiugnendo insieme, che là era il monte, da cui si cavava il porfido: Universum littorale latus juxta Arabicum sinum tenent Arabes Ægyptii, Ichthiophagi, in quibus dorsa montium sunt: Troici lapidis montis; & alabastreni montis; & porphyriti montis; & nigri lapidis; & basaniti lapidis; e sì per questa ragione, come ancora perchè la cava del porfido era verso l’Egitto superiore, ossia Tebaide, e verso l’Etiopia; gli antichi scrittori dicevano, che detta pietra si aveva dall’Egitto, dalla Tebaide, e dall’Etiopia. Plinio lib. 36. cap. 7. sect. 11.: Rubet porphyrites in eadem Ægypto; Sant’Isidoro loc. cit.; Eusebio Eccl. hist. lib. VIII. de Martyr. Palæstjna, c. VIII. pag. 420.: Quorum innumerabilis multitudo jampridem apud Thebaidem versabatur, in loco, qui porphyrites vocatur ex nomine marmoris, quod ibidem essoditur; Sidonio Apollinare Carm. V. Panegyr. Major. v. 34. segg.
Paolo Silenziario Descriptio S. Sophiæ, part. I. vers. 245. e segg. pag. 510.: Variegata, & purpureis splendentes floribus columna .... quas nitiacarum quondam Thebarum montes excelsi peperere.... Porphyreticis histe columnis incumbunt aliæ, ec.; e par. ii. v. 508. e segg. pag. 515.: Multi vero, qui ingentis Nili naves fluviatiles suo presserunt pondere, surgentes lapidei porphyretici tenuibus astris distincti fulgent. E che tutti quelli scrittori intendessero dire di una sola cava pare che possa rilevarsi da quelli luoghi combinati insieme. Si osservi inoltre, che Aristide la chiama celebre cava di porfido, e scrive, che là si mandavano a lavorare i rei; ed Eusebio racconta, che vi si mandavano i cristiani. Vedi appresso pag. 140. not. 1. in fine.
Consurgit solium saxis, qui cæsa nitenti
Æthiopum de monte cadunt, ubi sole propinquo
Nativa exustas afflavit purpura rupes;