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140 | D e l l e A r t i d e l D i s e g n o. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:250|3|0]]stente nel museo d’Ercolano. Trovossi gran copia di tali figurine nel tempio d’Iside disepolto a Pompeja; e da una di queste appartenente al signor Hamilton si vede che solevano gli antichi talora riempierle internamente di piombo, onde renderle più ferme e sode. La più grande di queste è un’Iside, che tien Oro in grembo, nel museo del signor conte di Caylus[1], il quale ha pur fatto incidere in rame un piccolo Osiride di bronzo, da cui si comprende, che alle volte davano il gesso alle statue, e poi le indoravano[2]. La mentovata base, che ha la vera forma egiziana e quella semplicità negli ornamenti, che è propria di tutte le basi, anzi di tutti gli edifizj di quella nazione, nel mezzo del lato anteriore rappresenta una zattera legata con’ giunchi egiziani, in mezzo alla quale fta un grand’uccello: nel dinanzi siede sull’orlo una figura, e nella parte posteriore sta un Anubi con testa di cane, che dirige la zattera. Ai due lati siedono due figure muliebri con a' fianchi due ale, che vengono innanzi a ricoprir loro i piedi, quali pur veggonsi alle figure delle monete maltesi e della tavola Isiaca.
§. 22. Qual- |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:250|3|0]]
- ↑ Rec. d’Antiq. Tom. I. Antiq. Egypt. pl. IV. pag. 17.
- ↑ Si descrive anche Acad. des Inscript, Tom. XIV. Hist. pag. 13.
- ↑ grandezza naturale, ma in bianco marmo, custodita nel Museo Pio-Clementino, e rappresentante un servo de’ bagni. Winkelmann dice, che è di marmo bigio. Tale è di fatti, e nulla ha dell’ofite, o serpentino. ] Così luculleo fu detto un marmo dell’isola del Nilo da Lucullo, che lo fece il primo trasportare a Roma, Plin. loc. cit. cap. 6. sect. 8. Veniva pur di colà il marmo elefantino, Idem lib. 5. cap. 9. sect. 10.; e ’1 granito, che scavandosi presso la città di Siene, da alcuni senitico diceasi, lib. 36. cap. 8. sect. 13. Oltre la specie di granito, per le sue macchie rossigne o di fuoco, [ o perchè somigliano ai vaghi di frumento, come sostiene Giovanni da s. Lorenzo contro Arduino, Dissertaz. sopra le pietre prez. ec. c. V. §. XXXV. p. 37.] chiamata πυροποίκιλος, ve ne aveva un’altra colle macchie biancastre o cinericce, che ψαρόνιος appellavasi dal nome dello storno, noto uccello di macchie cinericce sprizzato. Altre specie di marmo d’Egitto rammentano altri autori; e tutti que’ sassi avevano!a proprietà d’essere durissimi, onde sommamente lucidi riuscivano, e tanto più pregevoli n’erano quanto più difficili i lavori. [ In conferma di quello, che si è detto in questa, ed altre note riguardo ad alcuni marmi egiziani, aggiugnerò la relazione avuta da’ persone degne di fede, che ne hanno vedute, ed esaminate le cave ancora esistenti in quelle parti. Il porfido nasce nell’Arabia egizia fra il Nilo, ed il Mar rosso all’oriente di Tebe città distrutta. Tebe rimaneva all’incirca dove oggi è Tyar a 25. miglia da Coptos, o Kept verso il mezzo giorno. Il granito rosso nasce nell’Etiopia all’oriente del Nilo, e di Siene città distrutta. Il serpentino, ophites, si cavava verso Tebe, ed anche verso Memfi, non guari lungi dal Cairo. Il marmo nero ha le cave verso Tebe. Il marmo bianco, nell’Arabia tra Suez, ed il monte Sinai. Nell’Egitto superiore, cave di alabastri.