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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. | 147 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:257|3|0]]su cui lavorata era l’effigie d’Asdrubale, fratello d’Annibale, scudo che fu poscia appeso nel Campidoglio[1].
[... e ’l commercio.] §. 5. Estendeasi il traffico loro quali a tutta la terra allor conosciuta, e quindi apportavano in ogni luogo le opere de’ loro artisti. Avean anche edificati de’ tempj nelle isole che possedeano in Grecia, e fra queste in Taso[2] uno ne aveano dedicato all’Ercole fenicio, più antico ancora dell’Ercole greco. Sarebbe per tanto verosimile che i Fenicj, i quali aveano portate nella Grecia le scienze[3], v’avessero eziandio portate le arti, se ciò non venisse contraddetto dalle storie. E’ però da osservarsi che Appiano[4] fa menzione di colonne joniche esistenti nell’arsenale del porto di Cartagine[5]. Gran comunicazione aveano i Fenicj cogli Etruschi, e sappiamo diffatti che[6] questi erano alleati ai Cartaginesi, quando sconfissero l’annata navale di Jerone re di Siracufa.
[Figure de' loro dei.] §. 6. I Fenicj, come gli Etruschi, adoravano divinità alate, se non che quelle de’ Fenicj più assomigliavansi alla maniera egiziana, avendo le ale attaccate ai fianchi, daddove cadendo andavano ad ombreggiarne i piedi, siccome vedesi nelle figure delle monete di Malta[7], isola posseduta un tempo dai Cartaginesi[8]; onde è probabile che dagli Egizj
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- ↑ lib. 25. cap. 24. n. 39.
- ↑ Herodot. lib. 2. c. 44. p. 125.
- ↑ Idem lib. 5. c. 58. pag. 399.
- ↑ De Bell. punic. pag. 57.
- ↑ Vorrebbe il P. Bertola Lezioni di Storia, Fenicj c. 3. p. 179., che Winkelmann, andando colla sua regola dell'influsso del clima nel libro I. capo iiI., avesse fatta qualche differenza tra le arti dei Fenicj, e dei Cartaginesi, benché questi siano colonia di quelli.
- ↑ Herodot. lib. 6. c. 17. pag. 446.
- ↑ Descript. des pierr. grav. du Cab. de Stosch, préf. pag. XVIII.[ Paruta Sicilia numism. Tab. 139. n. 1. 3. 4. 5.
- ↑ Liv. lib. 21. cap. 20. n. 51.
- ↑ di smeraldo, ec. Egli ciò argomenta non meno dalle descrizioni dello smeraldo dateci da Teofrasto e da Plinio, che dalle sttue e da altri grandi lavori, che presso gli antichi diconsi fatti in questa pietra, di cui certamente sì grandi massi non trovansi. [ Da Erodoto lib. 2. cap. 144. p. 124. abbiamo che nel tempio d’Ercole a Tiro vi fossero due colonne, una d’oro, e l’altra di smeraldo, non già statua. Teofrasto de Lapid. pag. 391., e con lui Plinio lib. 37. cap. 5. sect. 19. parlando di questa colonna aveano sospettato, che non fosse di vero smeraldo, ma di plasma di smeraldo, che si cavava nell’isola di Scio. Vedi sopra pag. 41. not. a., e Mignot six. mém. sur les Phenic. Acad. des Inscr. T. XXXIV. pag. 291. La colonna d’oro fu collocata in quel tempio dal re Hiram, al dire di Menandro d’Efeso presso Giuseppe Flavio Contra Apion. lib. 1. cap. 18., il quale l’aveva avuta in dono da Salomone, come scrive Eupolemo presso Eusebio de Præpar. evang. l. 9. c. 34. in fine, pag. 451.