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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 159

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:269|3|0]]menzione d’alcun monumento eretto in que’ regni in memoria di grandi imprese. Cartagine compresa nello stato de’ Fenicj era, a vero dire, una città libera, e colle proprie leggi governavasi; ma la gelosia di due possenti partiti non avrebbe permesso mai, quando anche si fosse proposto, che si concedesse ad un cittadino l’onore dell’immortalità. Un duce presso di loro era bensì sempre in pericolo di pagare colla vita un errore comunque leggiero; ma nelle loro storie non leggesi mai fatta menzione di grandi onorificenze accordate ai gran generali. Le arti presso quelle genti erano per lo più limitate ad oggetti di religione, e quella legava, per dir così, lo spirito dell’artista alle sole forme da lei approvate.

§. 23. Gli Egizj, i Fenicj, e i Persi, ne’ tempi in cui fiorirono, ebbero probabilmente poca comunicazione fra di loro[1]. Ciò è noto riguardo ai primi; e siccome i Persi non si estesero che ben tardi fino alle coste del mediterraneo, così per lo innanzi poco commercio poterono aver co’ Fenicj, i quali aveano altresì diverso il linguaggio e l’alfabeto medesimo. È probabile per tanto che una differenza pure si scorgesse nelle arti loro. In queste i Persi hanno fatto un ben tenue progresso; gli Egizj tenderono al grandioso; e i Fenicj cercarono soverchiamente l’ornato ne’ loro lavori, come si può dalle loro stesse monete inferire. Né ciò forse alla sola mancanza di gusto si deve attribuire; ma probabilmente lo faceano, perchè dovendo per mezzo del com-


mer-

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  1. Per riguardo agli Egisj, e ai Persiani questa comunicazione può dirsi dimostrata, considerando che i Persiani furono padroni dell’Egitto per lo spazio di 135 anni, come abbiamo da Diodoro lib. 1. §. 44. pag. 53., e in vista di tanti monumenti, ne’ quali si vede un misto di egizio, e di persiano. Il conte di Caylus ne riferisce diversi, Ree. d’Antiq. Tom. I, pl. XVIII. pag. 55. e 56.; e due altri nel Tom. iiI. pi. XII., nominati dal nostro Autore pocanzi nel §. 11. not. a., il secondo de’ quali noi l’abbiamo inserito in fronte di questo capo, come ve lo ha pollo il signor Huber. È un amuleto, in cui pare al lodato Caylus, che possa rappresentarsi un re persiano in atto di ricevere i soliti tributi dai sudditi; e vi si scorgono varie forti di vestimenti.
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