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p r e s s o   i   G r e c i , ec. 273
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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:383|3|0]]palazzo Rospigliosi supera in bellezza le tre altre teste dello stesso in bianco marmo[1]. Tali teste, come pur altre statue in pietra nera, piaceranno agli osservatori anche i meno versati nell’arte, quando null’altro ricerchino che di vedere delle statue. Può dunque il bello manifestarsi talora a noi anche sotto un inviluppo strano, e sotto un colore naturalmente disaggradevole; onde possiamo inferire che l’essere bello è un non lo che di diverso dall’essere amabile e piacevole. Piacevole e amabile può dirli eziandio quella persona, in cui l’onesto carattere, l’ingegno pronto, la dolce eloquenza, le maniere graziose, la giovinezza sembrano abbellirne le forme e ’l colorito, quantunque essa bella non sia: tali persone Aristotele[2] chiama ἄνευ κάλλους ὡραίοις, e Platone[3] dice ὡραίων προτώποις καλῶν δὲ μὴ.

§. 17. Avvien nella varietà de’ giudizj sulla bellezza, come nella diversa inclinazione che altri ha per una bella bruna, altri per una bionda e candida: quegli che preferisce la bruna non mal s’appone certamente, se più dal tatto che dallo sguardo si lasci attrarre; poiché generalmente la pelle d’una mano bruna (quando tal sia naturalmente, e non per l’azione del sole e dell’aria) è più dilicata e morbida che quella d’una mano candida, la quale, perchè appunto più raggi riflette, deve anche avere, la pelle di fibre più compatte e più dure. Perciò una pelle bruna è più trasparente, essendo quel colore, quando è naturale, l’effetto del sangue che traspare; e quindi è che se una bruna espongasi ai raggi del sole, più presto si colora che una bianca. Il color bruno ne’ fanciulli presso i Greci era un indizio di coraggio; e quelli che aveano la carnagione candida chiamavansi figli degli dei[4].

Tom. I. M m §. 18. Ab-

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  1. Vedi quella, che darò nel libro XI.
  2. Rhet. l. 3. c. 4. op. Tom. iiI. p. 806. A, [ Similes esse sine pulchritudine venustis.
  3. De Republ. lib. 10. op. T. iI. p. 601. B. [Formosi potius sunt, quam revera pulchri.
  4. Plat. ibid. lib. 5. pag. 474. in fine.
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