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276 | D e l l e A r t i d e l D i s e g n o |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:386|3|0]]della bellezza è come una quintessenza, uno spirito estratto da più crassa sostanza coll’azione del fuoco: essa è il prodotto della mente, che si studia d’immaginare una creatura secondo il prototipo del primo uomo ideato nella mente di Dio. Semplici devon essere i tratti di tal figura, come uniformi uopo è che siano le parti d’un corpo, che mette un suono dolce e piacevole; ma nella unità de’ tratti, come delle voci, v’è pure una varietà, dal che nasce l’armonia. L’unità e la semplicità sono i due sovrani principj d’ogni bellezza, e ognun cerca vederli negli objetti, che gli si presentano: e diffatti ciò che già per sé è grande, se sia semplice e naturale, più grande ancora diviene e più sublime. Un oggetto, che tutto in un colpo d’occhio si comprende e si misura, e tutto in una sola idea si racchiude, non per questo s’impiccolisce e perde di sua grandezza; anzi, perchè appunto è così ridotto all’unità, in tutta la sua grandezza ci si presenta, e per tal maniera lo spirito nostro ben comprendendolo, può ingrandirlo vieppiù e sublimarlo. Per l’opposito tutto ciò che, essendo composto di molte parti, non può comprendersi con un guardo solo, e dee considerarsi ripartitamente, pare esser men grande. Da ciò deriva che la varietà degli oggetti che incontra, e la moltiplicità de’ luoghi ove riposa e si ristora, sembrano abbreviare il cammino al viaggiatore[1]. L’armonia che più ne piace e ne incanta, non consistie già in una infinità d’arpeggi, di trilli, e di suoni continuamente interrotti e ripresi; ma bensì in note semplici, succedentisi senza interruzione, o lungamente tenute. Per la stessa ragione piccolo ci pare un gran palazzo che soverchiamente carico sia d’ornati, e grande giudichiamo una mezzana casa con bella semplicità fabbricata.
§. 21. Dall’ |
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- ↑ Forse ha equivocato il nostro Autore nel Tratt. prelim. ai Monum. ant. cap. IV. pag. XXXVIII. princ., ove scrive su questo stesso propofito, che al viandante tanto più s’allunga la via, quanti più sono i riposi, ch’egli vi prende.