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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:401|3|0]]§. 4. La natura spirituale esprimevasi eziandio nella leggerezza e celerità di corso. Omero[1] rassomiglia l’andar di Giunone al pensiere d’un uomo che, avendo viaggiato per molti e lontani paesi, li ricorre in sua mente, e dice in un batter d’occhio „io qui fui, io andai colà„. Ne abbiamo pur un’immagine nella corsa di Atalanta, la quale sì celere e sì leggiera correa sull’arena, che diceasi non lasciarvi impresse le vestigia; il che si è voluto esprimere in un ametisto del museo Scoschiano[2]. Il passo, che fa l’Apollo del Vaticano, è quasi un volare; e sembra che nemmen tocchi la terra co’ piedi[3]. Questo quasi inosservabile moversi e correre degli dei sembra aver preso di mira Ferecide[4], uno de’ più antichi poeti greci, dando loro la forma di serpente, per descrivere figuratamente il loro andare da un luogo all'altro, di cui non rimaneva nessun vestigio.

[Diversi gradi della loro giovinezza...] §. 5. La giovinezza degli dei avea ne’ due sessi diversi gradi ed una differente età, in cui gli artisti si sono studiati di rappresentare i tratti della più perfetta bellezza. Era quella ideale, presa in parte dalla figura naturale de’ bei giovani, e in parte dalle molli forme de’ begli Eunuchi, e sublimata poi con tale struttura dell’intero corpo che avea del sovrumano. All’effigie però de’ numi, come ci avvisa Platone[5], non davansi le vere proporzioni della natura, ma quelle bensì che l’immaginazione riputava più belle.

[... ne’ Satiri, o Fauni...] §. 6. Ha pure i suoi gradi diversi il bello virile ideale; e comincia dai Satiri o Fauni, come quei che tra gli dei era-


O o ij no

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  1. Iliad. lib. 15. vers. 80.
  2. Descr. &c. cl. 3. sect. 1. n. 122. p. 337.
  3. Vedine la figura in fine del Tomo iI. Apollonio Argon, lib. 2. v. 681. parlando di Apollo, che ritornava dalla Licia, dice, che passando per l’isola di Tenia (Theniades), la faceva tremar tutta colla forza dei piedi:

    ......... Pedum nisu
    Tota intremiscebat insula, ut mare exundaret in siccum.

  4. V. Monum. ant. Part. I. cap. 1. §. 3. pag. 11.
  5. Plat. Sophist. op. Tom. 1. p. 236. princ. Οὐ χάρειν τὸ ἀληθὲς ἐάσαντες οἱ δημιουργοὶ νῦν, οὐ τὰς οὔσας συμμετρίας, ἀλλὰ τὰς δοξούσας εἶναι καλὰς τοῖς εἰδώλοις ἐναπεργάζονται. [ Expressæ veritatis ratione prætermisssa hodierni artifices, proportiones, non quæ quidem revera sint, sed quæ pulchræ videantur, simulacris accommodant.
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