Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
292 | D e l B e l l o c o n s i d e r a t o |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:402|3|0]]no d’un ordine inferiore. Le più belle tra le loro statue ci rappresentano una giovinezza matura e bella, in perfetta proporzione formata. Si distinguono però da’ giovani eroi per un certo profilo comune e un po’ triviale, o pel naso compresso, onde a ragione chiamarsi potrebbono simi; e più ancora si distinguono per mezzo d’una certa innocenza e semplicità che loro si legge sul volto, unita ad una grazia particolare, di cui parlerò più sotto, trattando della grazia. Tal era l'idea generale che aveano i Greci di quelle divinità[1].
§. 7. Siccome trovansi in Roma più di trenta statue di giovane Satiro somiglievoli fra di loro nella positura e nell’atteggiamento, è ben verosimile che siano esse altrettante copie del famoso Satiro di Prassitele, che vedeasi in Atene[2], e dall’artista medesimo giudicavasi essere la più perfetta delle sue opere. Dopo di lui i più celebri scultori di questa specie di figure furono Pratino ed Aristia di Fliasio presso a Sicione, e certo Eschilo[3]. Gli artisti talor davano ai Satiri una ciera ridente, e facean loro sotto il mento due capezzoli pendenti a somiglianza delle capre[4]: tale è una delle più belle teste dell’antichità riguardo alla maestría del lavoro, che appartenne altre volte al celebre conte Marsigli, ed or si vede nella villa Albani[5]. Il bel Fauno dormente nel pa-
laz- |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:402|3|0]]
- ↑ I Satiri, e i Fauni, come i Sileni, i Titiri, i Silvani, erano numi de’ boschi, e delle campagne. Gli antichi li confondevano spesso; ma però erano distinti nella figura, e si credevano anche diversi di origine. I Pani, i Satiri, i Titiri, e i Sileni eran proprj de’ Greci, e da quelli passarono ai Romani, de’ quali erano proprj i Silvani, e i Fauni presi dagli Aborigeni, e forse anche dai Toscani. Veggansi gli Accademici Ercolanesi De’ Bronzi Tom. iI. Tav. 38. pag. 145., e il signor abate Visconti Museo Pio-Clementino Tom. I. Tav. 46. pag. 82. e 83.
- ↑ Paus. lib. 1. cap. 20. pag. 46. lin. 10. [ Ateneo lib. 13. cap. 6. pag. 591. B.
- ↑ Paus. lib. 2. cap. 13. pag. 141. lin. 33.
- ↑ Laciniæ a cervice binæ dependentes, Plinio lib. 8. c. 50. sect. 76. [ Da Varrone De Re rust. lìb. 2. cap. 3. dette mammulæ pensiles, da Columella lib. 7. cap. 6. verruculæ, da Festo noncolæ, e da altri anche fichi, come osserva Bochart Hieroz. l. 6. c. 6. Si vedono a un bel Fauno giovane dormente sopra un sasso tra i bronzi d'Ercolano Tom. iI. Tav. 40., e in altro alla Tav. 42., che rappresenta un Fauno più vecchio, o un Sileno disteso sopra una pelle di fiera, e appoggiato a un otre. Sono molto visibili anche al bellissimo Fauno in marmo rosso del Museo Pio-Clementino T. I. Tav. 47.
- ↑ Fu scoperta presso il famoso sepolcro di Cecilia Metella, e stette alcun tempo nell’Istituto di Bologna, ove la videro Breval, e Keysler, che ne parlano.