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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:431|3|0]]capo le chiome, le quali in due delle suddette figure si uniscono, e s’annodano didietro sul collo. Hanno un’aria fra l’allegrezza e la serietà, esprimente quella tranquilla contentezza che è propria dell’età innocente.

[Ore...] §. 17. Seguaci e compagne delle Grazie sono le Ore, Ὧραι[1], cioè le dee delle stagioni e della bellezza, di Giove figlie e di Temi[2], e secondo altri poeti figlie del Sole. Ne’ più antichi tempi dell’arte rappresentavansi quelle in due sole figure[3], quindi se ne fecero tre[4], poiché in tre parti divideasi l’anno, cioè in primavera, autunno, e inverno[5], e chiamavansi Eunomia, Dice, ed Irene[6]. Generalmente vengono rappresentate in atto di danzare sì dai poeti, che dagli artisti, e da questi per lo più si dà loro un’età uniforme. Breve esser suole l’abito loro, quale conviensi a danzatrici, e giugne appena alle ginocchia: hanno il capo coronato con foglie di palma voltate all’insù e diritte, quali veggonsi sulla base triangolare della villa Albani[7]. Quando in seguito fu diviso l’anno in quattro stagioni, s’introdusse pure una quarta Ora dagli artefici, come appare da un’urna sepolcrale della mentovata villa[8]. Qui però rappresentate sono in età differenti, in veste lunga, senza corona di palma: la prima indicante la primavera sembra un’innocente donzella, in quell’età che un greco epigramma[9] chiama dell’Ora di primavera; e le altre tre in età gradatamente più avanzata. Ove però, come nel celebre basso-rilievo della villa Borghese, veggonsi più figure danzanti, son quelle le Ore in compagnia delle Grazie.

Tom. I. S s §. 18. Per-

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  1. Pausania lib. 2. c. 17. p. 148. lin. 20.
  2. Esiodo Theog. vers. 901., Pindaro Olymp. 13. v. 6. segg., Diodoro lib. 5. §. 72. pag. 388.
  3. Paus. lib. 3. c. 18. p. 255. lin. 22., lib. 8. cap. 31. pag. 664. lin. 32.
  4. Esichio V. Ζεῦγος.
  5. Aristofane in Avib. vers. 710. Vedi Aleandro Expl. Tabulæ Heliacæ, §. Quatuor anni tempora, nel Thes. Antiq. Rom. Grævii Tom. V. col. 732. segg.
  6. Fornuto De Nat. Deor. cap. 29., Esiodo, Pindaro, Diodoro ll. cc.
  7. Monum. ant. num. 47.
  8. Ibid. num. 111.
  9. Anthol. lib. 7. num. 89. vers. 2.
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