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342 | D e l B e l l o c o n s i d e r a t o |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:452|3|0]]parsi i capelli, coll’epigrafe: ASSYRIA. ET. PALAESTINA. IN. POTEST. P. R. REDAC. S. C. La falsità di questa medaglia era già stata riconosciuta per la voce PALAESTINA, che non s’incontra su nessun’antica moneta latina di Roma[1]; ma senz’affaticarsi in sì erudite ricerche, avrebbe potuto dimostrarsi egualmente colla riferita osservazione. Io non voglio qui esaminare se convenga rappresentare una figura non sol di uomo, ma di donna eziandio in atto di svellersi i crini; egli è certo almeno che ciò non conviene ad una figura simbolica: meno ancor conviene su un pubblico monumento; e non è punto, come diceano i Greci, κατὰ σχῆμα (secondo il costume)[2]. Ecuba vedesi rappresentata sul basso-rilievo di Grotta-ferrata mentovato pocanzi, col capo inchinato, e in atto di toccarsi la fronte colla man destra, per indicare la sua eccessiva tristezza che la fa agire, ovvero per dinotare che assorbita in profondi pensieri s’abbandona all’istinto. Nell’eccesso del suo dolore presso l’ucciso Ettore suo figlio non versa già lagrime; poiché queste, ove l’angoscia giugne alla disperazione, inaridiscono; onde a ragione Seneca fece dire ad Andromaca:
Levia perpessæ sumus
Si flenda patimur
[3].
§. 26. Il |
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- ↑ Valois, Observ. sur les Méd. de Mezzabarba pag. 151.
- ↑ Il costume ordinario degli antichi Romani di simboleggiare la conquista d’una provincia nelle medaglie, e anche in altri monumenti, era di rappresentare una donna sedente col capo appoggiato al gomito sopra un ginocchio alzato: così viene simboleggiata la conquista della Giudea in tante monete di Vespasiano, e di Tito presso il P. Pedrusi, I Cesari in metallo, ec. Tom. VI. Tav. 11, n. 8., Tav. 121. n. i. 2. 3., Tav. 17. n. 7., e presso Musellio Numism. Ant. T. I. Tab. 34. num. 1. 2.; così la conquista della Germania Tab. 121. n. 6., della Sarmazia Tab. 122. n. 1., dell’Armenia Tab. 128. n. 10.; e della Dacia nel basso-rilievo sotto la statua di Roma trionfante nel palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Pure con tutto ciò io non oserei di mettere in dubbio la legittimità della medaglia, di cui parla Winkelmann; poiché ogni giorno vediamo uscir fuori delle medaglie certamente antiche con dei tipi stravaganti, che non si sarebbero mai creduti per lo passato. Altronde abbiamo veduto fin qui quanto sian poco fondate le leggi dell’arte che egli si era ideate per certe contro tutti i monumenti, che abbiamo citati per confutarlo.
- ↑ Troad. v. 411. [ Dopo queste riflessioni Winkelmann poteva aggiugnere ciò che scrive nel Tratt. prelim. cap. IV. p. XLVI. intorno alla sopra citata statua del Museo Capitolino, da lui creduta di Ecuba. „Mi si potrebbe obbiettare, scrive egli, la statua d’una donna attempata nel Museo Capitolino, la quale vedesi in gran commozione, e con la bocca aperta, per figurarla alzare altissime strida, se si fosse meco conve-