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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:503|3|0]]troppo piccola: e chi si farà pregio di una più profonda erudizione, vi racconterà, che quella testa fu trovata in un pozzo a tre miglia lontano dalla statua, e le gambe a trenta miglia lontano dal tronco, siccome in più d’un libro viene asserito francamente; ond’è che altro non vi si osservi che i moderni restauri. Alcuni errano per una inopportuna diffidenza, non volendo far nessun caso di tutte le prevenzioni che aver possono favorevoli agli antichi, e si prefiggono di non ammirare nessuna cosa, tenendo l’ammirazione come la figlia dell’ignoranza. Così certamente non pensava Platone fecondo cui la maraviglia è il sentimento d’un’anima filosofica e ’l principio della filosofia; μάλα γὰρ φιλοσόφου τοῦτο τὸ πάθος͵ τὸ θαυμάζειν. οὐ γὰρ ἄλλη ἀρχὴ φιλοσοφίας ἢ αὕτη[1]. In ogni maniera giova nell’esaminare le antiche statue essere in favor loro prevenuto anziché no; poiché guardandole con ferma persuasione di trovarvi il bello, questo vi si cerca e vi si trova, se non al principio, almeno colle ripetute osservazioni, poiché realmente v’esiste.

§. 21. Secondo. Non deve un amatore fidarsi al giudizio degli operaj, i quali per lo più preferiscono il difficile al bello, e generalmente sostengono che nelle opere dell’arte il lavoro pregiar si deve, anziché la scienza o l’erudizione. Da questo pregiudizio grande svantaggio n’è derivato alle arti medesime; e se oggidì ne sembra quasi sbandito il bello, forse a questo il deggiamo. Tali artisti pedanti, che non hanno sensibilità, poiché nè il bello punto li muove, nè forze hanno da immaginarlo, introdussero molte e smoderate maniere di scorci nelle pitture delle soffitte e delle volte, ed hanno quasi fatta una legge di così dipingere in tai luoghi, in guisa che, se tutte le figure ivi collocate non vengano pre-

Tom. I. D d d sen-

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  1. Plat. Thest. oper. Tom. I. pag. 155. D. [ Hæc enim maxime philosophi est affectio, admirari: non enim aliud est philosophiæ primordium.
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