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D e l   P a n n e g g i a m e n t o. 443

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:553|3|0]]gando la voce χιτὼν che non significa solamente una sottoveste o tunica, come presso Diodoro[1], ove narra che Dionisio tiranno di Siracusa portava costantemente sopra la sua veste un giacco di ferro ἠναγκάζετο φέρειν ἐπὶ τὸν χιτῶνα σιδηροῦν θώρακα[2]; ma talora, anzi sempre presso Omero significa un giacco o corazza[3]: il che pur s’inferisce dall’epiteto καλκοχήπονες sinonimo di καλκοθώρηκες, cioè armato di bronzo. In questo significato deve senza dubbio prendersi presso il citato Diodoro[4], ove racconta che Gelone re di Siracusa, dopo la famosa vittoria riportata sopra i Cartaginesi, presentossi al popolo per render ragione della sua condotta non solamente senz’armi, ma eziandio ἀχίτων ἐν ἱματίῳ cioè senza corazza in sottoveste[5]. Troviamo però altresì che μονοχίτων dicevasi un guerriere, il quale spogliato dell’armatura e del manto in semplice sottoveste si dava alla fuga[6].

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K k k ij §. 11. Tan-

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:553|3|0]]

  1. lib. 14. §. 2. pag. 640. lin. 43.
  2. Insidiis obnoxius fuit adeo, ut thoracem ferreum tunica interiori superinjectum gestare metus illum coegerit.
  3. No sempre. Nell'Iliad. lib. 3. v. 359., e lib. 7. vers. 253. distingue espressamente questo dalla corazza. Nel lib. ult. vers. 580. dice ἐΰννητόν τε χιτῶνα, tunica ben tessuta; e nell’Odyss. lib. 19. vers. 242. parla di una tunica, lunga fino ai piedi data in dono ad Ulisse τερμιόεντα χιτῶνα e potrebbero addursene altri esempi.
  4. lib. 11. §. 26. pag. 425. princ.
  5. Io non vedo ragione, o fondamento di approvare questa spiegazione. Altronde osservo, che Diodoro nei luoghi citati innanzi e dall’Autore, e da me prende certamente la parola χιτῶν per tunica, e ἱμάτιον per sopraveste, o pallio che sia, contrapponendo una all’altra; e ἱμάτιον lo prende nello stesso senso anche nel passo, che ora citerò. In secondo luogo, dopo aver detto, che Gelone comparve senza nessun’arma, non pareva necessario, che aggiugnesse come cosa particolare, e anche senza corazza, essendo quella una delle armi. In terzo luogo il fine di Gelone col presentarsi in tal guisa era di far vedere al popolo, che cosi mezzo nudo, come dice Diodoro, ossia col petto, e qualche altra parte scoperta sarebbe andato coraggiosamente ad affrontare i nemici: per la qual cosa era più opportuno il solo pallio, che la tunica, ad un uomo, che dovea perorare, e gestire colle braccia; scoprendo così il petto, e almeno il braccio destro in aria, che poteva mostrare insieme della magnanimità, e della intrepidezza: e per ultimo è verisimile, che facesse come Agatocle, il quale, al dire dello stesso Diodoro lib. 19. §. 9. T. iI. p. 324. princ., in una occasione, per comparir popolare depose la clamide, e si gettò sulle spalle il pallio.
  6. Plutarc. in Æmil. pag. 263. D. Tom. I.
  7. Tom. iI. pag. 324. princ., e lo provano più a lungo Baisio De re vest. c. 13., Ferrario l. c. cap. 1. 2. e 3., doveva essere cosa più insolita l’andare col pallio in campagna, che in città; tutto all’osposto di quello, che dice Winkelmann. Ed è ben credibile che si facesse portare il pallio a colui, affinché egli fosse più visibile da lontano; e non aveflc da equivocarsi con qualche pastore, che portava abito stretto, e corto. Dice Polibio, che quella cautela non bastò, perchè accidentalmente si portò a quel dato luogo un cittadino padrone di una greggia di pecore, che pascolavano in quel contorno, per osservare in quell’altura ove stette il pastore; e che essendo vestito anch'egli ἐν ἱματίῳ fu preso per quello, che dovea dare l’avviso ad Arato. Mi pare ben più probabile, che quello cittadino portasse l’abito di città, che la semplice tunica.
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