Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
lxiv | E l o g i o |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:74|3|0]]che in ogni maniera, in ogni età, in ogni stile non mai traviar si lasci dal vero e dal bello: queste fono le qualità caratteristiche d’uno spirito cui destinò la natura ad essere antiquario.
Ma queste non bastano: bisogna che circostanze felici gli apportino altri vantaggi. Gli antichi monumenti dell’arte non in un sol luogo adunati fono, ma sparsi per molti e lontani paesi, onde chi tutti volesse vederli, non solo per l’Italia intiera viaggiar dovrebbe, ma per l’Inghilterra eziandio, per la Spagna, per la Francia, e per la Germania; e nulladimeno tutti ei non li vedrebbe. E’ vero che non è ciò indispensabile, e bastar può all’antiquario se vede e studia le opere più considerevoli negli originali, acquietando delle altre una cognizione storica, e quale s’ottiene osservandone i modelli e i disegni, o leggendone le descrizioni.
Di tante prerogative, che dar possono la natura, lo studio e le circostanze fortunate, gran parte possedeane Winkelmann; né mai v’ebbe tra gli studiosi delle antichità chi a tutti questi riguardi lo pareggiasse. La letteratura greca e romana era stata uno de’ suoi primi studj: appresa aveala come scolare e come maestro in tutta la sua estensione, e con tanto uso della critica, quanta adoperar non ne sogliono gli antiquarj generalmente. La greca, che dirsi può l’anima dell’Antiquaria, sapeasi da lui a tanta perfezione che pochi aveva uguali; onde potè coli’ ajuto di essa sollevarsi sopra il comune degli antiquarj italiani[1]. Letti egli aveva i migliori scrittori antichi, formato il suo gusto su i gran modelli della Grecia, nutrita la sua fantasia colle immagini
d’Ome- |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:74|3|0]]
- ↑ Potrebbe quasi dirsi, che Winkelmann per la lingua greca si credesse superiore a tutti generalmente i letterati e vivi, e morti. Credeva molte volte d’insegnarci come nuove delle cose, e delle spiegazioni, che erano già comuni ai letterati, e agli antiquarj sì oltramontani, che italiani; la maggior parte de’ quali, come saprà il signor Heyne, non ha mai ignorato, e non ignora il linguaggio d’Atene, e di Sparta.