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a parteneide 385

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  E con l’acume del veder tentando
  E con la man, solo mi vidi; e calda
  Mi ritrovai la lagrima sul ciglio.

1805-1806.





A PARTENEIDE.


E tu credesti che la vista sola
  Di tua casta bellezza innamorarmi
  Potente non saria, che anco del suono
  Di tua dolce parola il cor mi tenti,
  5Vergine Dea? Col tuo secondo duca[1]
  Te vidi io prima, e de le sacre danze
  O dimentica o schiva; e pur sì franco,
  Sì numeroso il portamento e tanto
  Di rosea luce ti fioriva il volto,
  10Che Diva io ti conobbi, e t’adorai.
  Ed ei sì lieto ti ridea, sì lieta
  D’amor primiero ti porgea la destra,
  Di sì fidata compagnia, che primo
  Giurato avrei che per trovarti ei l’erta
  15Superasse de l’Alpe, ei le tempeste
  Affrontasse del Tuna, e tremebondo
  Da la mobil Vertigo, e da l’ardente
  Confusion battuto, in sul petroso
  Orlo giacesse. Entro il mio cor fean lite
  20Quegli avversarj che van sempre insieme,

  1. Il Fauriel, che avea tradotto in prosa francese il poema idillico in dodici canti, e in tedesco, del danese Baggesen, «Parthénäis». La traduzione fu pubblicata solo più tardi nel 1810.
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