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102 ester d'engaddi.

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Spesso furtivo ei scende: io già immolato
Lo avria, se un empio qual m’estimi, io fossi.
Se per te no, per l’esul vecchio or trema!
Ester. Deh, per pietà!
Jefte.                                        Fa’ senno.
Ester.                                                            Ah, s’io t’offesi....
Jefte. A te s’aspetta il riparar....[1] Ma suoni
Già di vittoria non si senton?[2] — Donna,
In altro tempo udrotti. — Il popol esce
Delle sue tende. — A rispettarmi impara.


SCENA V.

Continua ad appressarsi il suono della marcia. Il popolo esce dai padiglioni, e s'avanza sulla scena, rivolto alla parte opposta alla rupe che è sul davanti. Alcuni salgono il monte per andare all'incontro de' guerrieri. Tutte le fisonomie esprimono allegria. — JEFTE al cospetto del popolo si atteggia con tutta maestà e compostezza religiosa. ESTER ha dimenticata ogni sua inquietudine, ed è al colmo della gioia.


SCENA VI.

Allo sboccare che i guerrieri fanno da una gola del monte, tutto il Popolo esclama:

Viva Israello![3]
Azaria.[4]                              Jefte — amata sposa
Popolo — amici. — Oh gioja! Sì, vincemmo!
Credea il Romano altero (uso a mostrarsi
E trïonfar), credea ch’impeto e morte
E instancabile ardir, dischiuso il varco
Dell’erte balze ad esso avrian. Tre giorni
Respingemmo color: fuor dello stretto
Fieramente accampati, immensa mostra
Fean di macchine ed armi; ed appellando

  1. S’interrompe ascoltando una musica militare sui monti.
  2. La musica si va appressando.
  3. La musica continua finchè Azaria è al piano.
  4. Consegna a uno scudiero l’asta e lo scudo, ed abbraccia Jefte, Ester ed altri.
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