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112 | ester d'engaddi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:117|3|0]]
Azaria. Io ten pregai.
Non ch’Ester....
Jefte No, capace Ester di colpa....[1]
Azaria.Non è.
Jefte Non credo.
Azaria. Ah, per pietà, mi svela
Quest’orribil segreto!
Jefte E a furibondo
Impeto già trascorri?— Anzi ch’ io parli,
Rammentar dei, che ad inesperta donna
Indulgente esser vuolsi. A beltà somma
Lacci il maligno tende ognor.
Azaria. Che sento?
Raccapricciar mi fai.
Jefte Mai del sentiero,
No, di virtù non uscirà: gentile,
Religïosa, candida è quell’alma.
Sol vigilar conviensi, onde il veleno
Di giovenile passïon non tolga
Al Signore ed a te tesor sì degno.
Azaria.D’un rival....
Jefte Temo.
Azaria. E già certezza?....
Jefte Indizio.
Azaria.Come?
Jefte Jefte solea, quando altra volta
Tu givi al campo, in volto ad Ester lunga
Trovar d’alta mestizia orma pietosa
Che inteneria. La nuova luna al campo
Or t’appellò: ben atteggiata al duolo
Era la donna (e certo a lei sei caro!
Non esser tal puote Azaria?) ma vidi
Ch’oltre al dolor di tua partenza, un’altra
Ansïetà premeala.... e troppo io t’amo
Perchè ciò a me non increscesse....[2]
Azaria.Ah, tutto