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140 ester d'engaddi

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Sii madre, e sposa, e figlia sii! Qual havvi
Per me ragion, quand’Ester più non viva,
Di perdonar le antiche ingiurie al fero
Eleazar? tuoi genitori abborre
Tutto Israello; apostati li chiama:
Strascinati al supplizio, eccoli! indarno
Da te speravan lor salvezza!
Ester.                                                       Ah basta !
A brani a brani il cor mi squarci: e quando
Ti fia mai noto che, la infamia tranne,
Io tutto scelgo? Infamia m’offri, o morte:
Morte dunque mi affretta![1]
Jefte.[2]                                                  Il popolo entri.


SCENA IV.

I Leviti aprono la porta del Tabernacolo, ed entra il Popolo e con questo AZARIA. Tutti stanno a conveniente distanza dall'altare, vicino al quale è JEFTE accanto ad ESTER. I Leviti s’appressano all'altare. AZARIA ha presso di sè alcuni amici, che lo reggono e vegliano onde ei non turbi la cerimonia. All’entrare del Popolo, ESTER si è coperta col velo.


Jefte.[3]Ester, d’Eleazar figlia e di Sara,
(Reprobi entrambi, adorator dell’uomo)
Tribù di Beniamin, d’Azaria sposa,
Sospetto diè di vïolata fede
Al signor suo: questi a sgombrar tai dubbi
Interroga l’altar. Pria che lo spirto
Formidabil d’iddio tentarsi ardisca,
S’oda la voce d’Israel! — V’è alcuno
Che provar sappia di costei la colpa?
Tutto il popolo.
No!
Jefte.     Universale è il grido. E di costei

  1. Con risolutezza.
  2. Ad alta voce ai Leviti.
  3. Prende Ester per mano, s’avanza un passo verso il Popolo, le toglie il velo, e additandola a tutti, parla con voce solenne.
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