Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
144 | ester d'engaddi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:149|3|0]]
Colla piangente canuta mia madre
A cercar qual terren l’ossa ricopra
D’Ester loro infelice: ah, niuno avventi
Contro a que’ vecchi miseri le pietre!
Vicino al mio sepolcro abbiano asilo
E compianto da voi!
Popolo. Sì! sì!
Ester. Contenta
Muoio, o Israello, e ti ringrazio. Aggiungo
Sol breve prece: un dì Azaria m’amava....
In lui potria molto il dolore.... ah vegli
Ciascun di voi sopra i suoi giorni!
Azaria.[1] Indarno
Mi trattenete. Baldanzoso è l’empio
Finchè lungi sta morte: all’innocente
Sol quel linguaggio appresso a morte è dato.
Ester, deponi quella tazza, a terra
Scagliala!
Jefte. E fia provato indi il delitto.
Azaria.[2]A me, a me dunque! e se veleno è in essa,
Se un traditor Jefte mai fosse, il mio
Morir lo attesti!
Ester. Oh ciel! ferma.[3] — Ecco a terra
Scagliarla or posso.[4]
Azaria.[5] Jefte! Parla!... errante,
Costernato è il tuo sguardo.... impallidisci....
Respiri appena!... ahi! di nefanda colpa
Segni sarien? Pontefice! tanti anni
Di santo nome, anni sarien di scherno,
D’esecranda impostura?
Jefte.[6] Oh sacrilegio!
Così s’oltraggia del Signor gli eletti?