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IGINIA D’ASTI.


ATTO PRIMO.

Sala nel Senato.


SCENA I.

Stanno seduti ROFFREDO e gli altri Senatori; a destra di ROFFREDO è seduto ARNOLDO. V’ha nella sala molti Guerrieri, e fra i capi GIANO. Presso la porta è il Banditore. Entra preceduto da qualche guardia EVRARDO: è vestito militarmente.


Roffredo.[1] Il console![2]
Evrardo.[3]                     Signori, oggi alfin chiudo
Il penoso anno della mia possanza,
Ed a me spetta l’onorarvi.[4]
Roffredo.                                                        Sorgi,
O valente guerriero. — Oggi al senato
Ritorna il ferro signoril che al prode
Tuo braccio si affidava, e te rimira
Asti suddito suo novellamente.
Ma non col grado consolar s’estingue
Lo splendor di che cinto era appo noi
D’Evrardo il nome: più che il grado, eccelse
Opre il fean chiaro: e cittadino o duce
La repubblica t’abbia, è in lei perenne
Pel suo campion la riverenza.
Evrardo.                                                        È dolce
D’Evrardo al cor la lode tua, Roffredo:

  1. All’entrare d’Evrardo s’alza.
  2. Arnoldo e Senatori s’alzano.
  3. S’inchina con dignitoso rispetto.
  4. S’inginocchia e presenta la sua spada a Roffredo. Questi la prende e siede: siede quindi Arnoldo e tutto il Senato.
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