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atto primo. — sc. i. 153

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Man fra le tempestose onde governi,
O mal certa è la nave.
Roffredo.                                        Appien conforme
Al guardo del senato è il guardo tuo.
Securo vivi. Udimmo, e dispregiammo
Que’ fiacchi spirti, a cui tutto par colpa,
Fuorchè l’oprar tremando: e veggiam solo
Nel calcato sentiero esser salute.
Perciò tra i capitani, oggi al novello
Consolato proposti, ebber di voti
Il numero maggior....
Evrardo.                                     Chi?
Roffredo.                                             Due canuti
Rigidi ghibellini: eguale entrambi
Numero han di suffragi.... Evrardo e Giano.
Evrardo e Giano.
Io?
Roffredo.     Decida la sorte; ecco nell’urna
I nomi vostri.
Arnoldo.[1]                         Arresta. — Amici detti
Pria dal fratello udir piaccia ad Evrardo.
Roffredo.L’uomo di Dio s’ascolti.
Arnoldo.                                             Io, fin dal giorno
Ch’ascesi a sacro ministero, e dritto
Ebbi a seder tra voi, l’antica forma
Biasmai della repubblica, ove molti
Il poter divideansi, e, con invidia
Guardandosi a vicenda, ognun si stava
D’oprar bramoso, e a non oprare astretto.
E più biasmai l’oltraggio a’ cittadini
Fatto sovente, allor ch’uopo incalzando
D’oprar robusto, un dittatorio scettro
Ora a barbaro duce, ora a superbo
Podestà non natio davasi, indegno
Quasi d’onor chi della patria è figlio:
E ottenni che, sì stolti usi cessando,
La consolar vestisse annua possanza

  1. Si alza.
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