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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:16|3|0]]
Ti moverà la invidia. E il più gentile
Terren non sei di quanti scalda il sole?
D’ogni bell’arte non sei madre, o Italia?
Polve d’eroi non è la polve tua?
Agli avi miei tu valor desti e seggio,
E tutto quanto ho di più caro alberghi!
Lanciotto. Vederti, udirti, e non amarti.... umana
Cosa non è. — Sien grazie al cielo; odiarti
Ella, no, non potrà.
Paolo. Chi?
Lanciotto. Tu non sai:
Manca alla mia felicità qui un altro
Tenero pegno.
Paolo. Ami tu forse?
Lanciotto. Oh se amo!
La più angelica donna amo.... e la donna
Più sventurata.
Paolo. Io pur amo; a vicenda
Le nostre pene confidiamci.
Lanciotto. Il padre
Pria di morire un imeneo m’impose,
Onde stabile a noi pace venisse;
Il comando eseguii.
Paolo. Sposa t’è dunque
La donna tua? nè lieto sei? Chi è dessa?
Non t’ama?
Lanciotto. Ingiusto accusator, non posso
Dir che non m’ami. Ella così te amasse!
Ma tu un fratello le uccidesti in guerra,
Orror le fai, vederti niega.
Paolo. Parla,
Chi è dessa? chi?
Lanciotto. Tu la vedesti allora
Che alla corte di Guido....
Paolo.[1] Essa....
Lanciotto. La figlia
Di Guido.
- ↑ Reprimendo la sua orribile agitazione.