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170 iginia d'asti

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Priva non fosse! — e quei fosse il mio amante!
E sì pura e magnanima splendesse
L’ambizïon di lui, che strascinati
Da dolce irresistibile malía
Si sentissero i cuori, e — s’appressando
Con alterna pietà — sulla sventura
Comun s’intenerissero, e un sol grido
Ripetesser con lui: «Pace, ed oblio.
» Del mutuo errar! Siam d’una patria figli!»
Oh quel degno mortal, quasi un Iddio
Alla mia innamorata alma parrebbe!
Giulio, tu quello sii!
Giulio.                                        Lusinghier sogno,
O fanciulla, t’illude. Havvi perversi
Tai secoli, ove l’uom, se pure è grande,
Tutto mostrarsi qual ei sia non puote.
Abietta stirpe è questa infra cui nacqui:
Sorda a’ bei nomi di fraterna pace,
Di virtù, d’amor patrio. Ira e vendetta
Spigne i men tristi, i più viltà e rapina:
Ed i men tristi io scelsi. — Oh al guardo mio
Il tuo sogno un dì pur, ma breve tempo,
Ahi rifulgea, nell’inesperta aurora
Della mia giovinezza! Il mondo è vile,
Non il tuo amante, o Iginia.
Iginia.                                             Ogni speranza
Dunque?...
Giulio.                    Immutabil fato!
Roberta.                                        Alcun s’appressa.
Iginia.Perduti siam.
Roberta.[1]                              Qui celati.
Iginia.                                                  Oh me lassa!
Giulio!
Giulio.               Iginia! dimane in questo tetto
Deh, non ristarti!
Iginia.Ah fuggi![2]

  1. A Giulio.
  2. Roberta conduce via Giulio.
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