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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:188|3|0]]
Arnoldo.[1] Dove t’inoltri? Arretra.
Quinci agli sgherri incontro movi.
Evrardo.[2] Arnoldo,
Sgombrami il passo.
SCENA VI.
ROFFREDO, GIANO, Guardie, e detti.
Evrardo. A voi dinanzi addotta
Da me venía: traggasi in ferri. Prima
Che genitor, fu cittadino Evrardo![3]
Roffredo. Oh detti! Oh grande!
Arnoldo. Snaturato!
Giano.[4] Udito
Dalle labbra di lei?...
Evrardo. Dubbia è sua colpa:
A me non spetta il giudicarne. — Ahi dura
Condizïon di padre a ingrata prole!
Del proprio sangue esser nemico! — Il cielo
Forza mi dia! — Deh, m’ingannassi, e al seno
Stringer novellamente un dì qual figlia
Costei potessi! Ma qual siasi fato
Che a mia vecchiezza misera s’appresta,
Di duol.... ma giusto cittadin, morrò.
Ite: meco lasciatemi: potria
Involontario sul paterno ciglio
Pianto sgorgar, che al consol non s’addice.
Iginia.[5]Padre, così m’immoli?
Roffredo. O primo invero
Fra i ghibellini! Conosciuta appieno
Non era ancor la tua virtù![6]