< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
194 iginia d'asti

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:199|3|0]]

Roffredo. La sentenza?
Giano.                          Vergarla il consol debbe.
Roffredo Eccol.


SCENA IV.

EVRARDO, e detti.

Evrardo.[1]Qual fia mia sorte? — Oh qual silenzio!
Qual mestizia! — [2]
Roffredo.[3]Infelice![4]


SCENA V.

EVRARDO, e GIANO.

Giano.[5]Snaturato!
Immoleresti il sangue tuo?
Evrardo.[6]                                             Che intendo?
Ohimè! Tu mi compiangi....[7]— Empio! tu esulti:
Infame gioja ne’ tuoi sguardi avvampa.
Giano.Dominar vuoi? ciò l’alta sede costa.


SCENA VI.

EVRARDO.

Dominar! Quanti occulti oggi scopersi
A me nemici!... Quanta invidia!... O Giano,
Sol fossi tu, schiacciato io già t’avria!
Ma no, non regno ancor: la stessa plebe
Al mio recente benefizio è muta:
Mi mostro.... e non un plauso!... E quella voce?
Non m’ingannai: sì, me indicava: «Muoja!»

  1. Tra sè.
  2. Si avanza: è pallidissimo.
  3. Gli va incontro, e gli rimette il foglio tremando.
  4. Parte oppresso da angoscia e da mal dissimulato rimorso: partono egualmente costernati gli altri Senatori.
  5. Accostandosegli.
  6. Con grande commozione.
  7. Lo guarda.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.