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200 | iginia d'asti |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:205|3|0]]
All’uscir del palagio.... sconosciuto
Volò un pugnale.
Il primo. Oh, ben gli sta.
Il secondo. Più cose
Apprenderai. — [1] Ma qui appartato è il loco:
Lunge ancora è il mattino: odimi: in breve
Ti narrerò: di Giulio un dì (t’è noto)
Io fui scudier....
Il primo. Sì.
Il secondo. La sventata trama....
Non s’era ordita senza me.
Il primo. Tu? E a parte
Non m’appellavi del periglio?.
Il secondo. Onesto,
Perdona, più che forte io t’estimava.
Ma senti. Noi tradi fortuna: e questa
Notte, che agli empi esser dovea l’estrema,
Contro noi volta s’è in terror. Disperso
Tosto per la campagna il già vicino.
Guelfo esercito mosse, allor che in ceppi
Esser gl’Isnardi e gli altri capi intese.
D’ogni speme deluso, io meditava
Disperati pensieri: ecco, ier sera,
Parecchi amici, al letto mio, frementi
Del parricidio, cui s’accinge Evrardo
Scellerato a compir. M’inspirò il cielo.
Giurar li feci. Pronti son. Dai muri
Una freccia scoccai dove (appostato
Da Giulio) un fido pescator sta sempre:
Dal pescator tolta è la freccia; e il foglio,
Che unito stavvi, a Giulio reca.
Il primo. E scritto?
Il secondo. Che al novo sol mozze le teste vuonsi
De’ nostri prodi, e in un d’Iginia: «Pochi
» Se per ritrarli d’infra’ sgherri, ahi! siamo
» (Scrissi), ma siam bastanti a darti schiusa
» La porta: pel vicin bosco t’avanza:
- ↑ Per condurlo via: fa alcuni passi: poi guardando intorno, si ferma.