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atto quinto. — sc. i. | 201 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:206|3|0]]
» Vien’pria ch’aggiorni, e noi co’ fuochi avverti
» Quando fuori del bosco irromperai.» —
Molto tardar non può. Due miei compagni
Stan sul muro a vegliar, gli altri nascosti
Son poco lungi. Trucidar le guardie,
La città aprir, combatter, morir tutti,
O vincer: ecco il giuramento.[1] ’ .
Il primo. Io giuro!
E all’uccisor della sua figlia, io il core
Io strappar vo’![2]
Il secondo.Taci: alcun viene.
SCENA II.
Un terzo CITTADINO, e detti.
Il terzo. Pietro!
Pietro! Sei tu?
Il secondo. Son io.
Il terzo. T’affretta: i fochi!
Il secondo.I fochi? Oh gioia! poco omai distanno.
Ma che sento? il feral bronzo già suona?
Che? Pria del dì s’immolerian? — Ah, in tempo
Giunga il soccorso![3]
SCENA III.
La campana dell'agonia suona a lenti monotoni tocchi. — A tal suono, mentre i suddetti partivano, uscirono dalle case parecchi CITTADINI. Hanno il terrore in volto. Donne e fanciulli si mettono alle finestre e a’ poggiuoli, chi con un lume e chi senza. Da diverse vie altri vengono sulla piazza. Il guardingo passo, il mirarsi or questi or quelli senza spiegarsi, il cupo universale silenzio, tutto manifesta immenso dolore e spavento. La folla va sempre accrescendosi. Gli sguardi sono rivolti con ansietà dalla parte delle prigioni, che si fingono non a gran distanza dalla piazza; dopo qualche tempo....
Parecchi.[4] Eccoli.
Un vecchio. Statti.
Il figlio. Voglio