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204 | iginia d'asti |
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Sovra un sepolcro s’appassisce!... Giulio,
Sì, piangi, sì, sul mio sepolcro: è dolce
A me il tuo pianto! Dolce anco agli estinti
La fè, l’amor di chi sorvive!...[1]
Arnoldo.[2] Figlia!
Iginia.[3] A me, si vi stringete. Io non l’offesi,
Tu il sai, Roberta, io non l’offesi; ei sempre
Mi move incontro!
Arnoldo. Che rimiri?
Iginia. Al volto
Uom si diria, ma d’altra sconosciuta
Stirpe nascon tai cose.... uom non s’abbevra
Di sangue uman così. Dacchè respiro,
Sempre (quasi mortifero serpente)
D’intorno mi s’aggira; ed or m’incanta
Col fascino degli occhi, e a sè mi trae
Per divorarmi; or duolsi, ch’ei non sappia
Feri martír donarmi oltre la morte,
E a maggiori mi sorba. A quai? Martíre
Maggior di morte v’ha?... Sì: il perder pria
Persona amata! Oh mai non discostarti
Da me, Roberta! Ov’è? Madre, ove sei?
Perchè m’abbandonò? Nol sa? condotta
Vengo al supplizio: e a me i supremi uffici
Non presta? Chi di tua figlia le membra
Comporrà nella bara? Oh madre, al pio
Atto, fuorchè materna, altra non debbe
Esser la man! Deh, per pietà! Che dico?
Non la vid’io di duol morta a’ miei piedi?
Oh rimembranza![4]
Arnoldo. Ahimè! Figlia, il coraggio
- ↑ Le fibre sconcertate del suo corvello non reggono a tanta emozione: passa tutto a un tratto allo stupore.
- ↑ La scuote.
- ↑ Immobile, con occhi spalancati: prende pel braccio lo zio e la damigella, e a sè gli avvicina; la voce è dolente e atterrita.
- ↑ Dalla parte ove furono condotti i primi rei, si alza un cupo sussurro, come se sia terminata l' esecuzione. Un soldato a cavallo viene, e fa cenno alle guardie d’Iginia.