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atto quinto. — sc. iv. | 207 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:212|3|0]]
Giulio.[1] Iginia! — [2]
Oh inaudita barbarie! Iniqui! E tanta
Virtù e beltà pería! Non una spada
Si snudò per salvarla! E a che vi giova
Vostra codarda vita, ahi! se vendetta
Grida su voi dell’innocenza il sangue?
E che a me la vittoria? Empi! Sgombrate
Il passo! Ancor vederla.... Ah no! Che dico?
Oh raccapriccio! Quella spoglia.... Iginia!...
Sì; vederti e morir! Ma pria, vendetta!
Vendetta avrai! Dove s’asconde Evrardo?
Ove sei, parricida? A me le infami
Canute chiome: sovra il sangue io voglio
Dell’immolata sua figlia svenarlo!
SCENA VII.
I due CITTADINI della prima scena (atto quinto) strascinano EVRARDO, che a stento si regge: è mortalmente ferito.
Uno dei due cittadini.
Eccolo il mostro!
Giulio.(si avventa contro per trafiggerlo, ma vedendolo moribondo s’arretra, e lo guarda con orrore.)
Evrardo.[3] Ah, sì! quel brando in core
M’immergi: affretta: — e a che il rattieni? A questo
Di scellerata vita orrendo avanzo
Toglimi. Oh smania! Oh inutili rimorsi!
Figlia!... Oh d’ambizïon truci delitti!...
Amata figlia!... Ma già il ciel tutt’arde
Di folgori: sottrarmi in qual profondo
Abisso?... In ogni parte eccoli!... e in mezzo
Ai folgori una scure — ahi, come gronda!
Oh vista! È sangue tuo, figlia — e il versai![4]