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atto primo.—sc. ii, iii. 275

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Gli aver ne spande. Io memore ogni giorno
Della tua fratellanza, esser l’amico
D’Enzo e raddurlo a fedeltà tentai.
Ma quando— or volge il quinto dì— prestarsi
Orecchio vidi a’ patti obbrobrïosi
Dello stranier,— dirtel degg’io?— il tuo nome
Invocando e la patria, io nel mio core
Giurai guerra civile. — Ad impedirla
Ti manda il ciel.
Leoniero.                                   Fiducia alta ne nutro.
Egli m’udrà. Non indugiam.— Migliori
Di lui gli Auberti! i figli di coloro
Che trucidaro il padre mio!
Guidello.                                                  Quai grida?
Stuol di popol s’avanza.


SCENA III.

ELOISA, popolo e detti.

Eloisa.                                             Aita, aita!
È il vostro eroe! salvatelo!
Leoniero.[1]                                                  Che dici?
Guidello.Sua voce parmi. — Ah, sì, tua figlia.
Leoniero.                                                            Oh figlia!
Son Leonier: ravvisami.
Popolo.                                             Oh prodigio!
È Leoniero! è Leoniero!
Eloisa.                                                  Oh padre!
Oh dolce nome! Ah, in quale istante!... Sappi...
Leoniero.Che forsennata sì spingeati?
Eloisa.                                                  Arrigo....
Misera me! Salvami Arrigo.
Cittadino.                                                  In ferri
È il tribuno; salviamlo.
Guidello.                                        Oh tradimento!
Come in poter del console?

  1. A Guidello.
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