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310 leoniero da dertona.

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SCENA III.

UGGERO e detto.

Uggero.                                                  Ei giunge
In questo punto.
Enzo.                              Ad Eloisa schiudi
La torre: a sè l’appella Arrigo. Niuno
Il parlamento mio turbi col padre.


SCENA IV.

LEONIERO ed ENZO.

Enzo.Oh genitor!
Leoniero.[1]               — Soli qui siam. — Di figlio
Darti il nome poss’io? Parla; presagio
Fausto emmi il tuo confuso sguardo? Oh alquanto
In quest’inganno lasciami. — No, tosto,
Se ritrovarti empio dovessi, il doppio
Animo svela, sì che i sacri accenti
D’amor paterno teco io non profani.
Enzo. Severo troppo al figliuol tuo che t’ama
Favelli. Io, più ch’alta possanza, pace
Teco desio. Co’ miei nemici pace
Bramava io pur, ma....
Leoniero.                                        Già diversa brama
In cor t’entrò?
Enzo.Pace sperar con essi,
Or pochi istanti, di Milano il nuncio
Tolsemi; guerra mi bandía.
Leoniero.                                                  Bandito
De’ Dertonesi all’oppressore ha guerra:
Esser cessa oppressore, e a ognuno è pace.
Enzo.Pieno e sincero ti rispondo. — Appena
Sulla ruina delle antiche mura
Queste nuove sorgean, di civil scempio

  1. Lo abbraccia.
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