< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

atto quarto.—sc. vi. 317

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:322|3|0]]

Uggero.                                        Ma....
Leoniero.                                             Se l’onor mi nieghi
Ch’Enzo comanda, pel tuo capo temi! —
Vieni, Eloisa, reggimi. Un tremore
Universal mie vecchie membra invade:
Se a questa febbre io soccombessi, al mondo
Dì, tel comando: «Il padre il maledisse!»


ATTO QUINTO.

Esterno del castello.


SCENA I.

Sulle mura sono AUBERTO, GHIELMO, GUIDELLO, e altri guerrieri dertonesi.— Fuori, la pianura è piena di soldati svevi misti a que’ dertonesi che militano con loro. Ivi stanno il conte di SPILBERGA, ENZO e alcuni Magistrati.— Ad un lato è ARRIGO, legato ad un palo.

Il Conte. In nome dell’augusto imperadore,
Io conte di Spilberga obbedïenza,
Dertonesi, v’impongo: obbedïenza
A questo suo stendardo, e al suo vicario
In Dertona Enzo. Suo vicario il noma
Cesare, e l’illegittimo abolisce
Popolar reggimento. — Enzo e suoi figli
Di questo feudo Federigo investe.[1]
Auberto.De’suoi predecessori i giuramenti,
E i privilegi col nostr’oro compri
Così rispetta Federigo?
Senatore.                                                  A’ piedi
Del vicario d’Augusto, o magistrati,
Deponiam nostre fasce, e vassallaggio
Prestiam.

  1. Enzo s’inginocchia e riceve una spada dal conte.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.