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atto quinto.—sc. i. 319

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Se del suo fallo ammenda far tu assenta,
Obbedendo. D’estremo e breve indugio
Irremissibilmente or li fo dono.
Pria che della vicina ora il primiero
Suon mandi il bronzo, il vivere o la morte
Di lui pronuncia.— [1] Intendi? al primo suono
Cada il suo capo.
Auberto.                              Enzo, un dover m’allaccia
Invïolabil come il gelo orrendo
Della morte a serbar questo castello
Sin che il vessillo di Milano appaia.
Ma di ciò che non dato è al volèr nostro,
Deh! un innocente, non punir. Codardi
Preghi non alzo, ma pur preghi. Ad atto
Inutil di barbarie, ahi, perchè scendi?
Di lui l’eccidio che ti giova? In tutti
Centuplicata contro a te fia l’ira.
Il core strazii d’Eloisa; ah, pensa
Ch’è suora tua! Di Leonier, del giusto
Padre tuo indarno all’ora sua di morte
La benedizïon per te, pe’ figli,
Di fratricidio intriso invocherai.
Arrigo.Cessa, buon genitor. Potria quel duolo
Tuoi prodi intenerire; uopo han di forza.
Auberto.Ah, padre io son! Purché al dovere offesa
Io non rechi, legittimo è il mio pianto.
Inesorabilmente, Enzo, immolata
Una vittima vuoi? Rendi a’ suoi figli
Arrigo, e accetta il capo mio.
Arrigo.                                                       Non mai!
Auberto.Enzo!
Enzo.          È immutabil mia sentenza: guai
Se il suon del vicin bronzo odi! Egli cade,
E d’Arrigo il cader cenno è all’assalto.
— Si frettoloso Uggero a me?

  1. Al percussore.
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