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28 | francesca da rimini |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:33|3|0]]
Mi si commosse il cor. Per non vederla
Torsi gli sguardi, e mi sentii le piante
Abbracciare, e lei prono a terra il volto
Sclamar con voce moribonda: Padre,
Sono innocente. — Giuralo. — Tel giuro!...
Ed io in silenzio m’asciugava il ciglio..
Sono innocente, replicò tre volte....
Gettai l’acciar; l’alzai; la strinsi al seno....
Padre infelice e offeso son, ma padre.
Lanciotto.Oh rabbia! L’ama, ed innocenza vanta?
Lunge dagli occhi miei, più allegro amore
Con Paolo spera; ah, sen lusinga, invano!
Di seguirla a Ravenna ei le promette....
Oh traditor... Siete in mie mani ancora.
Guido.Queste canute mie chiome rispetta.
Salvarla io deggio.... tu, più non vederla.[1]
SCENA IV.
LANCIOTTO, PAOLO.
Lanciotto.Sciagurato, t’avanza.
Paolo. Uso non sono
Ad ascoltar sì acerbi modi; in altri
Rintuzzarli saprei. Ma in te del padre
L’autorità con sofferenza onoro. —
Parli a fratello o a suddito?
Lanciotto. ...A fratello.
Rispondi, Paolo. Se tua sposa fosse
Colei; se alcuno a te il suo cor rapisse;
E se quei fosse il tuo più dolce amico....
Un uom che, mentre ti tradia, stringevi
Come più che fratello al seno tuo....
Che faresti di lui? — Pénsavi.
Paolo. ....Io sento
Quanto ti costa l’esser mite.
Lanciotto. Il senti?
Fratello, il senti quanto costa? — Il nostro
- ↑ Parte.