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atto primo.— sc. i, ii. | 331 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:336|3|0]]
Suscitò contro me. Perfidia! Sciolte
Così da lei non fur le nozze? Al tempio
Mosse con Erodiade, e la sposai.
Tu, profeta di Dio, precipitosa
Avventar non vorrei, come fa il volgo,
Su questo nodo condanna. — Oh cielo!
Erodiade si avanza. Udisti il cenno,
Il prego del tuo re: calma il suo lutto.
SCENA II. |
ERODIADE, ANNA e detti. |
Erodiade.Anna, ov’è la mia figlia? Anch’essa fugge
L’innamorato mesto occhio materno
Ah, i miei più cari ormai di me son stanchi!
Erode.Donna....[1]
Erodiade. Erode.... Che veggo? Oh! Non è teco
Il profeta? Me misera!... ho bramato
Il tuo cospetto, uomo di Dio, e il pavento.—
Me noman empia i miei nemici; e spirto
Che più del mio con gemiti ed angosce
Cerchi placar l’Onnipresente offeso
Non ha la terra. Ah! i gemiti e le angosce
E le mandate di Sionne all’ara
Ostie frequenti, e i ripetuti indarno
Alla santa città peregrinaggi
L’Onnipossente non placaro. Intesi
Asserverar ch’uom di prodigi sei;
Che in riva al tuo Giordan correan le turbe
De’ peccatori, e udian la tua favella,
E partian consolati. Io d’ascoltarti
Da gran tempo son vaga. E quando il volgo
Tumultante astrinse il re a sottrarre
Dal guardo altrui le tue sembianze, il primo
Mio grido a Erode fu: «Rispetta il santo!»
E oggi, d’Erode il natal dì, a segnarlo,
- ↑ Le va incontro, indi fa cenno ad Anna e alle guardie che si ritirino.