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atto secondo.— sc. III, IV. | 345 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:350|3|0]]
È irresistibil fede: è quella fede
Che a tua virtute io presto; il non averti
Mai sospettato di bassezza o fraude!
Ma ben anco il desio, ch’abbia alfin pace
Questa infelice che per me fu rea,
E di cui mi perturba e intenerisce
L’insanabil dolor.— Donna, in eterno
Dal mio sen lontanata io non t’avrei.
Ma se al ritorno di tue gioje scerni
Necessità placare Iddio, piegando
Per alcun tempo la cervice, e giorni
Di penitenza conducendo, affretta
Alla natia Gerusalemme il passo.
Preghiamo entrambo, ed obbediamo, e forse
Dio spegnerà sue folgori, ed allora....
Erodiade.Oh vero fosse! Oh Erode! io rivederti?
Ma la rival....
Giovanni.Cessate. A che di rara
Forza, o Erodiade, t’ha dotata Iddio?
Un mostro omai pe’ tuoi delitti, aperto
Stava a’ tuoi piè l’abisso: oggi puoi santa
Ridivenir. Ma irremovibil sia
La pensata virtù: tronca gl’indugi.—
Ecco la figlia tua: dalle la mano:
Non ammollirti.
Erodiade.[1] Addio!
Erode.Così mi fuggi?
SCENA IV.
ERODE e GIOVANNI.
Giovanni.Ferma.
Erode. In Gerusalem, no lungamente
Non avrà stanza! Riederà!
Giovanni. Infelice.
S’ella riedesse! Il tolga Iddio. — M’ascolta.
Erode.Che?
- ↑ Appena veduta la figlia, corre a quella, indi si volge ad Erode.