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atto quarto. — sc. iv. 31

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:36|3|0]]

SCENA V.


GUIDO, FRANCESCA e detti

Francesca.[1]                                                             Padre!
Stringer l’arme li veggio.
Guido.[2]                                             Ferma. — Ah, pace,
O esacerbati spiriti fraterni!
Paolo.Più della vita mi togliesti; poco
Del mio sangue mi cal, versalo.
Francesca.                                                             Il mio
Sangue versate; io sol v’offesi.
Guido.                                                        Oh figlia!
Lanciotto.Il sacro aspetto di tuo padre, o iniqua,
Per tua ventura ti difende. Statti
Fra le sue braccia; guai s’ei t’abbandona!
Obblierò che regia fu tua culla;
Peggio di schiava tratterotti. Infame
È l’amor tuo; più d’una schiava è infame
Una moglie infedel.... Questa parola
Forsennato mi rende. Io tanto amarti,
Tanto adorarti, e tu spregiarmi?... Altero
Ho il cor; nol sai? tremendamente altero;
E oltraggi v’han, che perdonar non posso.
Onor mel vieta.... Onor? che dissi? noto
Questo nome t’è forse?
Guido.                                              Arresta.
Lanciotto.                                                        Io intendo,
Io dell’onor l’onnipossente voce;
Nè, allor ch’ei parla, più altra voce intendo,
E vibro il ferro ovunque accenni.
Francesca.                                                        Ah padre!
Ei non m’uccide; uccidimi tu, padre!
Lanciotto.Vaneggio?... Voi raccapricciate?... — Oh Guido!
Quando canute avrò le chiome anch’io,

  1. Prima d’uscire.
  2. Vuol prima trattener Francesca; quindi si frappone fra Paolo e Lanciotto.
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