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356 erodiade.

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A rattenerli Iddio costrinse, allora
Che inondò l’alma tua di que’ terrori
Ondo fuggivi dalla reggia.
Erodiade.                                                  Afflitta
Da tante insidie di ch’è cinto il trono,
Fermato io avea d’allontanarmi. Illusa
Era da speme, ch’indi queto il volgo,
Sereni giorni il re godrebbe. Or torno
Disingannata: l’impostor profeta
Sotto la larva ho conosciuto. Io vengo
Sul re tradito a vigilar, le inique
Leghe a disperder, nella tua vergogna
A riprostrarti, od a morir!
Sefora.                                                  Tu vieni,
In cor d’Erode a spegnere ogni avanzo
Di pietà, di riguardo a tue sciagure.
Dal rio demon, ch’è del Signor ministro,
Vieni sospinta, a mostrar quanta annidi
E pertinacia nel livore e sete
Arrogante d’imper. Vanne: compiuto
Ribrezzo è quel che in noi destasti!— Erode,
Il suo cospetto soffri ancor?
Erodiade.[1]                                                  L’appaga.
Dal tuo cospetto cacciami; allontana
Colei, ch’unica t’ama e che t’addita
I traditori. In grembo alla regnante
Deponi il capo, come già il depose
Sansone in grembo alla soave amata
Che dormïente lo vendè a Filiste.
Non mancherà chi invece tua s’assuma
Del dïadema il peso: è qui vicino
L’uomo di Dio che a tanto ufficio aspira!
Erode.Guerre non temo, o insidie. Ite: abbastanza
Da voi mia pace fu turbata.
Sefora.                                                  Io....
Erode.                                                       Ad ambo
Silenzio impongo. Con possente scorta

  1. Ad Erode.
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